ELIO GIUNTA, La mia città. Poesie. Con opere pittoriche di Montevago, Spirali, Milano, 2006. 

 

Dovrebbe considerarsi un avvenimento il fatto che Elio Giunta si ripresenti con la poesia, il suo primo amore. In effetti, dopo un lungo esercizio di prosatore che ha fruttato opere di narrativa notevoli e saggi problematici di cultura e di costume, 

ora manda in libreria, nella elegante veste editoriale voluta da «Spirali», trentaquattro testi scanditi in cinque sezioni che non mancheranno di interessare gl’intenditori per la loro singolarità. 

Giunta non è autore di facile consumo e non intende esserlo neppure come poeta, anzi pare proprio che anche questa pubblicazione nasca dietro precisi intenti di proposta impegnata nella direzione di rinnovata fedeltà alla dignità letteraria e umana, quali i tempi oggi richiedono. Pertanto vanno lette e interpretate in tal senso le frecciate nei confronti della cultura che si pratica a Palermo e il distinguo sul fare poesia che oggi andrebbe di moda nei centri del potere culturale in Italia. Dunque un libro che conta anche come intervento critico di un intellettuale non avvezzo a perder tempo sulle carte per farsi bello. Se ne ha sentore se ci si sofferma sui rifacimenti di alcuni testi della lirica greca, scelti quasi con cattiveria. Deve dirsi che la poesia di Giunta attinge a momenti di vita che vengono fissati, interiorizzati e resi motivo di riflessioni universalizzanti. La sua è parola poetica che ci appartiene in quanto viene dal nostro vissuto, che si ripropone in occasioni magari estemporanee, ma che sempre forniscono ricreazioni di immagini e ripensamenti tipici di un’autentica coscienza critica. Si osservi, poi, come ciò che è colto dal reale o che viene dalla memoria si ripropone con versi armonicamente dicibili, anche a volte con recupero del parlare corrente, ma che non smentisce la presenza vigile di un esperto maestro di lingua e di buon gusto. 

La città di cui si parla è Palermo ed è questa che suscita le polemiche del poeta, perché è emblema di quella condizione disumanizzante che purtroppo oggi le città offrono. 

Renzo Mazzone 

A questo punto non ci sembra fuor di luogo richiamare, per il forte spirito di civismo cui è improntato, un poemetto inedito dello stesso autore, letto in un corso di letteratura sul tema «Dante poeta attuale e popolar(Università europea del tempo libero, Palermo). Elio Giunta così ripropone l’invettiva dantesca del canto IV (vv. 76-151) del Purgatorio»

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pag. 62

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