V. GALLO, Di la Bata ranni a la Marina – Usi e tradizioni di Sciacca, 2005.

Usi e tradizioni popolari locali, studi da incoraggiare 

Il volto di una città non lo compongono soltanto i suoi edifici, le sue vie, le sue piazze, ma anche i multiformi aspetti della vita dei suoi abitanti. Elementi statici quelli, dinamici questi, che infatti si esplicano nella varia mobilità di particolari momenti del pensare e dell’agire umano, connessi fondamentalmente a un passato ora più ora meno antico che al tempo stesso essi conservano e innovano, salvando una sostanziale coerenza che ne assicura la consistenza e la vitalità, oltre a produrre una certa diffusione nei centri viciniori, nei quali poi assumono peculiarità più o meno marcate e talora anche distintive. 

Si costituiscono così, nelle comunità, usanze e tradizioni di varia specie, un vero e proprio patrimonio di cultura, che ha meritato l’attenzione di valenti studiosi, animati da curiosità e interesse e dal conseguente legittimo desiderio di operare per conservarne le caratteristiche e la memoria di generazione in generazione. 

Rientra meritamente in questo tipo di studi il recente libro di Vincenzo Gallo, un impegnato docente di lettere nonché appassionato cultore di storia, tanto sensibile a quella che Dante chiamò «carità del natìo loco». 

Dotato di buona attitudine all’osservazione dei tanti aspetti della vita locale, si è dedicato da anni alla ricerca di notizie e curiosità di ogni tipo, relative a quell’ambito e, consapevole del loro valore documentario, sociale, civile, educativo, ne ha raccolte una quantità davvero considerevole, le ha riunite in apposite categorie, riferendo adeguatamente, anche sotto l’aspetto del loro formarsi storico, sulle singole voci. 

Il lettore ha così passibilità di apprendere le numerosissime ‘nciurie, cioè i soprannomi assegnati a un cospicuo numero di famiglie saccensi o a qualcuno dei componenti, lo svolgersi all’aperto di tanti giochi di ragazzi, le varie fasi del costituirsi di un nuovo nucleo familiare, dal fidanzamento al matrimonio, talvolta con specifici atti notarili, tal altra, specie a livelli sociali modesti, dopo la classica fuitina. 

Inoltre lo studioso registra, opportunamente commentandole, superstizioni e credenze, ricette mediche, filastrocche, testi di proverbi e modi di dire, aggiungendo alla fine un utile glossario. 

L’opera che Vincenzo Gallo ha prodotto è da considerare ben valida sia come testo di piacevole lettura sia come documento che illustra e consegna alla memoria un vasto materiale di indubbio interesse etnografico ed etnostorico, come hanno rilevato, in apertura, l’avv. Gaspare Falautano, il dott. Enzo Fontana, presidente della Provincia di Agrigento, e il prof. Enzo Puleo. 

In questo libro, valido, ben articolato, gradevolmente comunicativo, quasi compendio delle usanze e delle tradizioni della sua gente, Sciacca ha trovato un ritratto fedele di tanta parte della sua fisionomia umana. 

Antonino De Rosalia

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pagg. 52-53.

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