ELIO GIUNTA, Il diritto al disprezzo. Cosa pensa la gente della politica, collana «I corsivi», Ila Palma, Palermo, 2007.

L’antipolitica del poeta 

Il poeta Elio Giunta non è nuovo a pubblicazioni di forte impegno socioculturale, tant’è che la sua produzione ha sempre registrato l’alternanza di scritti tipicamente letterari con libretti riguardanti problematiche del tempo, in genere provocatori e polemici. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se, nell’odierno clima di malcontento generale della gente contro il tipo di politica che si pratica, egli se ne fa interprete e ci dà una urtante pubblicazione col titolo Il diritto al disprezzo. In sostanza, per Elio Giunta ormai la gente non è più capita dai politici, è demotivata dall’esercizio di una vera democrazia, sa che le pretese cadono nel vuoto; le rimane il diritto al disprezzo di una politica, per così dire, sceneggiata sul gioco elettorale o pressappoco. 

Il discorso che l’Autore porta avanti nelle pagine è tuttavia tutt’altro che sbrigativamente polemico. Vi sono addotte, seppure in sintesi, profonde motivazioni corredate di esemplificazioni. In una prima parte, rivolta a modo di lettera a suoi ex allievi illustri Ce tra questi figurano Leoluca Orlando e Marcello Dell’Utri, il procuratore De Francisci, Gianni Puglisi e il prefetto Finazzo), si pongono le basi storico-sociologiche del recriminare: la crisi della civiltà che sacrifica l’uomo al mercato, la tecnologia che accelera il processo di disumanizzazione, la televisione che mistifica la politica e la reale portata dei suoi problemi, non ultimo quello che ormai le decisioni della politica sono quasi nulle rispetto a quelle dei poteri forti, della finanza, cui la politica è asservita. 

Di fatto, in Italia non si è riusciti ad avere ricambio, per cui i politici sono sempre quelli, anche se legati a un sistema usurato, responsabile dell’abituale dissenso del paese. Insomma, la politica in Italia è solo gioco di conservazione del potere. Il che è quanto accade anche nel mondo della cultura, a proposito del quale Giunta rileva il tradimento degli intellettuali, la loro libidine di primi piani, i loro asservimenti o lo spirito di cricca. 

La seconda parte parrebbe indirizzata a suggerire lo slancio, specie dei giovani, verso l’utopia, ma in realtà finisce solo per attualizzare la prima, con l’aggiunta di sollecitanti esemplificazioni circa le principali tematiche dei nostri giorni, come la crisi dell’Europa, il problema del lavoro precario e del futuro dei giovani, l’impossibile liberazione della politica dalle trame clientelari, con l’auspicio tuttavia che sorgano nuovi attori disposti a far tabula rasa di quanto in politica si vede fare per puntare a ciò che si deve fare, purché sia connesso a un fine il più umano possibile. 

Adele Liberati

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 55-56.




ALESSANDRA PERA, La tutela degli interessi collettivi dei consumatori. Modelli e regole in una analisi comparatistica, Ila Palma – Athena, Palermo, 2008.

L’autrice analizza l’insidioso e complesso campo dell’ accesso dei consumatori alla giustizia, attraverso un approccio metodologico storico e comparatistico. In particolare, lo studio condotto riguarda gli strumenti rimediali, contenziosi e non, concessi ai consumatori a livello comunitario e non solo. Più precisamente, nei primi capitoli l’autrice analizza i modelli comunitari di azione inibitoria collettiva e individuale, nonché di conciliazione, e li raffronta con gli omologhi modelli di attuazione nell’ordinamento italiano ed in quello inglese. Nell’ultimo capitolo, l’Autrice si confronta con un istituto risarcitorio extracomunitario – la class action americana – pure utilizzato quale strumento di tutela degli interessi collettivi dei consumatori e imitato in ordinamenti sia di civillaw che di common law, caratterizzati da una tradizione giuridica e processuale diversa da quella statunitense. 

In generale, l’analisi è stata condotta non soltanto attraverso l’esposizione delle regole normative di riferimento, ma con attenzione ai meccanismi con i quali le regole, le definizioni e i principi si compongono, mettendo in rilievo il processo storico, culturale, giurisprudenziale, dottrinale, che porta all’affermazione di una determinata regola. La prospettiva dinamica con cui l’analisi è condotta viene valorizzata dall’utilizzo del metodo comparatistico, che permette al lettore, soprattutto nella prima parte riguardante modelli intraeuropei, di comprendere il grado di armonizzazione ed omogeneizzazione sistematica delle regole a tutela dei consumatori, segnalandone pregi e difetti. 

Nella seconda parte, si affronta il modello extra-europeo della class action americana, raffrontandolo con l’omologo inglese, cercando di individuare pro e contro, ed anche al fine di valutare il recente trapianto dell’ azione risarcitoria nell’ordinamento italiano. Tale indagine è condotta, partendo da una analisi dell’evoluzione storica dell’istituto e proseguendo con un raffronto tra le regole americane e inglesi, con quelle contenute nelle proposte di legge italiane, che hanno portato all’introduzione dell’ art. 140-bis del Codice del Consumo. Si tratta, però, di una vana aspirazione. Infatti, l’Autrice si mostra particolarmente critica rispetto all’intervento del nostro legislatore in questa materia, peraltro non ancora riuscito, atteso che la norma non entrerà in vigore prima di luglio 2009, viste le proposte di restyling in corso d’opera. 

Dall’analisi condotta emerge che il modello italiano di azione risarcitoria collettiva si allontana per molti aspetti dagli omologhi inglese e americano e che le limitazioni che tale modello condivide con gli analoghi europei vanno contro lo spirito di uno strumento geneticamente predisposto ad assicurare l’effettività dei diritti sostanziali attraverso l’accorpamento in un unico procedimento di più pretese simili. Infatti, se l’obiettivo è ridurre i costi privati e pubblici della giustizia, allontanare le imprese da comportamenti opportunistici, realizzando economie di scala, il legislatore italiano ha fallito già nel momento in cui ha previsto una procedura farraginosa ed ha negato la legittimazione ad avviare l’azione al singolo consumatore, limitandola alle associazioni e, comunque, ad enti collettivi rappresentativi di interessi diffusi, senza peraltro disciplinare il regime delle spese legali e processuali, che nei sistemi di common law è il motore di queste macchine complesse. 

Adele Liberati

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pagg. 58-59.