INGANNO

 

In fin dei conti 
costruiamo edifici 
case giardini dove 
sono sbocciate rose 
tremule. In fin dei conti siamo sempre 
sottomessi agli impegni d’ogni giorno 
alle stagioni 
dell’anno 
ed alla rotazione della terra. 
La nostra patria pensavamo fosse 
questa. 

da Risco, Nankin Editorial, Sao Paulo, 1998

Eunice Arruda

Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 44.




SAZIETÀ BIOGRAFICA 

Ho forse camminato senza piedi 
e volato senz’ ali. 
Sono un sogno svanito. 
Scrivo lettere ai fiumi di frequente 
mentre coltelli 
puntano al mio cuore. 
Che posso dire 
(se smettono gli uccelli di cantare) 
e come amare 
(se amano gli amanti il suicidio)? 
Gli assassini conoscono il mio nome. 

Eunice Arruda

Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 44.

 




INTENTO

 

Ho tanto usato 
questo corpo 
tanto. 
È giusto ch’io lo lasci 
e lo metta a giacere. Perché sia 
dimenticato. 

Eunice Arruda

Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 44.




IMPEGNO

 

Tocca ora al corpo 
morire 
giorno per giorno 
andare 
e disabituarmi 
del volto 
che io 
chiamavo mio. 

Eunice Arruda

Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 44.

 




TRACCIA

 

Un poema 
libero da grammatica e da suoni 
delle parole 
libero 
da tracce. 
Un poema fratello 
d’altri poemi 
che spengano la sete 
ai corsi d’acqua 
e rilucano come pietre al sole. 
Un poema 
che sia senza il sapore 
della mia bocca e sia 
libero 
da segnali di denti sopra il dorso. 
Poema nato 
agli angoli di strade, lungo i muri 
come povere parole 
con parole appassite 
però 
libero tanto 
che da se stesso tragga 
la decisione 
d’essere 
scritto o no. 

Eunice Arruda

Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 44.




Traccia

Un poema 

libero da grammatica e da suoni 

delle parole 

libero 

da tracce. 

Un poema fratello 

d’altri poemi 

che spengano la sete 

ai corsi d’acqua 

e rilucano come pietre al sole. 

Un poema 

che sia senza il sapore 

della mia bocca e sia 

libero 

da segnali di denti sopra il dorso. 

Poema nato 

agli angoli di strade, lungo i muri 

come povere parole 

con parole appassite 

però 

libero tanto 

che da se stesso tragga 

la decisione 

d’essere 

scritto o no. 

IMPEGNO 

Tocca ora al corpo 

morire 

giorno per giorno 

andare 

e disabituarmi 

del volto 

che io 

chiamavo mio. 

INTENTO 

Ho tanto usato 

questo corpo 

tanto. 

È giusto ch’io lo lasci 

e lo metta a giacere. Perché sia 

dimenticato. 

SAZIETÀ BIOGRAFICA 

Ho forse camminato senza piedi 

e volato senz’ ali. 

Sono un sogno svanito. 

Scrivo lettere ai fiumi di frequente 

mentre coltelli 

puntano al mio cuore. 

Che posso dire 

(se smettono gli uccelli di cantare) 

e come amare 

(se amano gli amanti il suicidio)? 

Gli assassini conoscono il mio nome. 

INGANNO 

In fin dei conti 

costruiamo edifici 

case giardini dove 

sono sbocciate rose 

tremule. In fin dei conti siamo sempre 

sottomessi agli impegni d’ogni giorno 

alle stagioni 

dell’anno 

ed alla rotazione della terra. 

La nostra patria pensavamo fosse 

questa. 

da Risco, Nankin Editorial, Sao Paulo, 1998




Nostalgia

Chi abita la mia casa 
mi presta il corpo e sale 
sottili bianche scale. 
Spade 
mi graffiano ed io sanguino. 
Di stanza in stanza 
io palpo culle vuote. 
Giorni ciechi mi spingono 
lungo le notti 
verso altri giorni … 
Ma chi abita in me, questa mia casa? 

Eunice Arruda 

 Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 46.




Dolore

Sto male, sono dolorante, afflitta 
al sereno notturno. 
Attaccano un acuto le cicale. 
Dormo dentro di me profondamente. 
E va la sera 
là fuori, avanza lenta 
come un vecchio carretto cigolante. 
Più niente importa. 
Chi piange se sto male? 
Se io sono ferita, 
chi si dissangua? 
Sono stata sbattuta contro un muro. 
Mi avevano protetto 
le braccia e la mia ombra, 
ma ora 
il sale non si scioglie sulla pietra 
e mi addormento 
come un bambino scosso dai singhiozzi 
o forse 
come uno scarabeo rivoltato 
sul marciapiede. Invano 
il dolore mi assolve da ogni colpa. 

Eunice Arruda

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 46.