V. Esposito, Poesia non-poesia anti-poesia del ‘900 italiano, Foggia, Bastogi Ed.. 1992. pp. 696.

Edito dalla Bastogi è uscito nel mese di marzo del ’92 un grosso tomo antologico comprendente nella prima parte gli interventi critici di Vittoriano Esposito dal 1949 al 1991. Questo lungo periodo attraversa la storia letteraria di quasi tutto il secondo Novecento, assai movimentato in verità, le cui diatribe e polemiche si sono succedute a ritmo serrato, per quanto la forma poetica si sia messa a morte più volte e più volte si sia fatta risorgere più o meno malconcia. Di qui la sperimentazione, l’avanguardia, la parola innamorata, la parola in libertà del non-senso e del frammento e mille altre innovazioni escogitate per allontanarsi il più possibile dalla tradizione accanitamente ripudiata. 

Il fatto è che proprio la nostra storia umana e civile è stata travagliata per cui l’inquietudine ha condannato l’artista -ad una poetica incerta, … in bilico tra gioco e necessità; …oppositiva rispetto alla tradizione, la poesia del ‘900 è perpetuamente ribelle al passato, insoddisfatta del presente, poco o punto fiduciosa del futuro'(pag.152). 

Il periodo più cruciale della poesia è stato quello degli anni attorno al ’68 in cui si è inneggiato alla disgregazione sia dei contenuti che della forma poetica al limite di una realtà volgare e di prosa arida e senza senso attuata addirittura con ritagli di giornali presi a caso. Di proposito si è voluto sperimentare la non-poesia e la anti-poesia per dimostrare a se stessi di poter ricominciare da zero il discorso poetico. Un incipit Vita Nova non è stato possibile, dati i tempi smagati e violenti; alla frantumazione nulla è succeduto di positivo se non il ritorno alle considerazioni umane dell’essere e degli eterni perché della vita. La forma è approdata ad un’impostazione di alta poesia verso il neo-classicismo, dove l’allegoria suscita immagini oltre ogni immediatezza, dove la metafisica a volte si fa religione del sacro percepita in chiave di salvezza dal mondo oggettivato e corrotto. 

Il trascendente nell’arte e nella filosofia va oltre il pensiero, oltre la conoscenza per snodare le regioni dell’ignoto nel mistero dell’esistenza. Il progresso delle scienze in questo senso è agevolato nelle sue ricerche e d’altro canto tutto ciò che è percepibile dall’inconscio è a sua volta espressione di trascendenza. 

L’autore di questa antologia in esame si fa carico delle convinzioni e delle proposte di molti poeti e saggisti contemporanei di chiara fama, che al di là di ogni anacronismo formulato dalla critica militante e dalla critica accademica avvertono l’importanza di una fusione di valore nel senso che il giudizio critico e il giudizio estetico devono confluire verso un appagamento armonico totalizzante, ed è importante scoprire nella lettura di un testo -l’incognita parabola» (B. Marniti). 

Tra critica e poesia si identificano gli stessi principi estetici per potersi sintonizzare nell’arte poetica con uno scambio metafisico che consenta l’integrazione illuminante. Oggi le parole di Salvatore Quasimodo pronunciate nell’immediato dopoguerra risuonano più che mai di grande incitamento: -Rifare l’uomo», aveva detto, -quest’uomo che aspetta il perdono con le mani sporche di sangue!»; altre, ancora più attuali, quelle di Charles Péguy: – Réfaire la Rénaissance» sono grido e bandiera per una svolta necessaria; e Rubén Darìé: -Mentre contate su tutto, una cosa vi manca, Dio». Si riesce così a individuare a fine secolo la richiesta impegnativa di riavvicinamento alla poesia per la poesia: Arthur Rimbaud iniziatore e veggente. 

Il repertorio della poesia regionale passa in rassegna le varie scuole e tendenze che al presen.te denotano connotazioni di tutto rispetto. L’antologia dedica la seconda parte alle molte schede e profili che l’Autore ha scritto per poeti noti e meno noti nell’ambito della critica ufficiale e non. Suddivisi per gruppi e tendenze artistiche Vittoriano Esposito riconosce suo malgrado di aver ottemperato per necessità pratiche all’esclusione di molti nomi per quanto riguarda il Novecento -minore»; poco o nulla conosciuto nulla ha da invidiare a quello ufficiale spesso deludente e povero di imputo Egli stesso si fa paladino di tali ingiustizie ed auspica che ciò dovrebbe almeno insegnare qualcosa nell’ambito dell’editoria intesa a far soldi soltanto con nomi già affermati, ma disattenta a chi il talento ce l’ha per davvero. Comunque i nomi qui considerati sono già moltissimi e tra essi l’Autore si dichiara soddisfatto di far conoscere da queste pagine un congruo numero di poeti che meriterebbero di salire la ribalta della considerazione che meritano. 

L’antologia a questo punto sarebbe ben fornita, ma una terza sezione raggruppa una categoria a parte dove leggiamo i nomi e le schede di donne poetesse. Se la poesia è nel potere del sentimento, dell’immaginazione e della maturità riflessiva indipendentemente dalle differenze sessuali, credo che le donne qui inserite avrebbero avuto piacere trovarsi tra “poeti” e non tra “donne”. Passata l’impennata femminista non si giustifica più questa separatezza di fronte al talento creativo i cui valori sono comuni a tutti. Comunque in questa sezione anche le poetesse sono divise per tendenze artistiche fino a risalire alle più giovani esponenti ancora in fase di sviluppo estetico ma con chiare impostazioni di scavo interiore. 

È interesse prendere atto del lavoro dei giovani nell’attuale malessere della società che li disorienta con falsi profeti e falsi valori. Tuttavia il rapporto dei giovani con la poesia è migliore di quello che si crede: sentono imperioso il desiderio di colmare il vuoto dell’esistenza affidando alla forma poetica la ricerca della propria identità perduta; l’impegno è di cimentarsi per una chiara coscienza umana per affermare dei valori che non riscontrano nel deserto morale che li circonda. Le prove non mancano, e molti di essi mirano proprio con uno sforzo di volontà a scalzare la crisi in atto. 

Rosa Barbieri

Da “Spiragli”, anno VII, n.1, 1995, pagg. 58-60.

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