Calogero Messina, scrittore delle attitudini umane 

Parlando di Calogero Messina non posso non andare indietro nel tempo, per risalire ad un’amicizia più che ventennale, legata dal comune interesse verso la letteratura e l’arte. 

Sono ormai lontani gli anni caldi del ’60, quando negli androni della sede centrale dell’Ateneo palermitano parlavamo di poesia e di poeti, di progetti e di iniziative che ci avrebbero visti costantemente impegnati. E mentre amici e colleghi, come un gregge di sbandati (nel frattempo la Facoltà di Lettere era stata trasferita nell’attuale cittadella universitaria), vivevano quei giorni del ’68 palermitano, girovagando e discutendo per i corridoi, una volta venute meno le concitate assemblee e le proteste, un gruppo di giovani, tra cui Messina, Cangelosi e altri, di cui poi non ebbi più alcuna notizia, studiava la possibilità di pubblicare un libro (Motivi del nostro tempo), testimonianza dell’impegno non solo socio-politico, ma artistico-letterario che animava quegli anni. 

La laurea e l’insegnamento ci fecero perdere di vista. Ricordo che con Calogero Messina ci rincontrammo una decina d’anni fa nell’ufficio di un editore: era passato tanto tempo, ma l’interesse e l’amore per l’arte rimanevano immutati, anche se l’amico Messina aveva optato per gli studi storici. 

Calogero Messina è nato a S. Stefano Quisquina il 24 novembre 1945. Per continuare i suoi studi, a dieci anni si trasferisce a Palermo con i genitori e la sorellina, ma soffre molto la lontananza del paese natio, come documentano i suoi scritti. Frequenta le scuole della grande città e si distingue per intelligenza e serietà. 

Nel 1966 consegue la maturità classica al Liceo «Meli» con i risultati più alti: la sua versione di greco è giudicata la migliore dell’Istituto. Si iscrive al corso di Lettere Classiche dell’Università di Palermo. I classici greci e latini gli sono congeniali, in primo luogo i poeti; è avvinto dai valori di umanità e di arte che esprimono e ricerca la poesia anche nel mondo che lo circonda. . 

Calogero Messina è apprezzato per la sua formazione e solida cultura umanistica. Ancora studente universitario, comincia a tenere conferenze nella capitale e in diversi paesi della Sicilia, e a pubblicare. Ricordiamo il suo discorso sull’.Elegia lirica nel mondo classico», tenuto al Club Magistrale di Palermo il 19 maggio 1969; la pubblicazione del suo epigramma epitimbico, in greco classico, negli «Annali del Liceo Classico «G. Garibaldi» di Palermo (1968-1969) per la tragica morte del suo professore di greco, al quale dedicherà poi un libro: il Messina, infatti, si distingue anche per la sua eccezionale sensibilità, per la sua umanità e nobiltà d’animo. Pubblica altre poesie in diversi giornali e riviste e nell’antologia da lui stesso curata con la collaborazione di C. Cangelosi, Motivi del nostro tempo (Palermo, 1968). Nel 1970 si laurea in Lettere con la lode, con una tesi sulla poesia bucolica, e col massimo dei voti consegue, nel 1971, il perfezionamento in letteratura latina; nello stesso 1971 può addirittura pubblicare un suo scritto nella prestigiosa rivista specializzata Athenaeum: la cosa sorprende per la giovane età dell’autore. Comincia a insegnare latino e greco nei licei. 

Vive a Palermo, ma la sua mente torna spesso al paese natio; comincia a ricercarne la storia; nel 1972 pubblica S. Stefano Quisquina. Studio storico-critico (Palermo, Manfredi Editore), un’opera che ha un grande successo, considerata un fondamentale, esemplare contributo alla storia comunale, apprezzata dai più esigenti rappresentanti del mondo accademico (da Virgilio Titone a Francesco Brancato). E grazie a quell’opera, di S. Stefano Quisquina, un paese prima dimenticato o di cui nel dopoguerra si era parlato per certi episodi di criminalità (tutti ricordano il sequestro del Barone Agnello), ora si comincia a parlare in positivo nei giornali; per merito del Messina, il paese entra nel circuito culturale. E con quell’opera il Messina entra nell’Università di Palermo, presentatosi ad un concorso per titoli ed esami, e comincia a svolgere la sua preziosa attività nell’Istituto di Storia Moderna della Facoltà di Lettere e Filosofia, dove insegna tuttora. Continua a pubblicare: Lu Recitu di S. Stefano Quisquina (Agrigento-Palermo, 1973), che presto diventa un classico, imitato e citato dai cultori di tradizioni popolari; La Quisquina (Palermo, 1973), che ebbe il grande merito di richiamare l’attenzione verso quel luogo, che andava «protetto, restaurato, e soprattutto valorizzato», come ebbe a scrivere nella sua recensione al libro don Biagio Alessi nell’«Amico del Popolo» del 9 settembre 1973, ricordando il furto delle tele di quella chiesa, avvenuto qualche tempo prima. 

Il discorso sulla tradizione popolare porta il Messina ad affrontare il tema più ampio della poesia in generale e nel 1973 pubblica l’originale e coraggioso scritto Poesia e critica e l’antologia Voci di Sicilia: di qualche anno dopo, del 1976, il manifesto letterario da lui fondato, «L’Orma». Così Tommaso Romano ricorda quell’evento: «Il 28 marzo 1976 un noto e apprezzato scrittore, Calogero Messina, dell’Università di Palermo, al Jolly Hotel di Palermo, affollato da un pubblico qualificato, presentava il suo Manifesto Letterario «L’Orma», edito dalle Edizioni Thule. L’interesse da esso suscitato fu immediato: venne accolto con inconsueta speranza, come un segno di luce in una notte d’incertezza e d’avvilimento, per la confusione diffusa del gusto. Artisti e scrittori giovani, ma anche di altre generazioni, non ancora soddisfatti delle esperienze da loro vissute, sottoscrissero il Manifesto… «L’Orma» s’impose all’attenzione soprattutto per l’esaltazione della libertà, della poesia e per l’affermazione del poeta come uomo totale; favorevoli furono i giudizi della stampa, nelle riviste culturali, filosofiche, politiche; interesse espresse anche l’Ordine Nazionale Autori e Scrittori. E per primo il Messina, raro esempio di poeta nato e di studioso profondo, ha continuato la sua opera intensa, altamente culturale, con la massima coerenza ai suoi principi. E a questi si sono ispirati non pochi critici dei nostri giorni, anche se non hanno sottoscritto ufficialmente il «Manifesto» (Sintaxis, gennaio-febbraio 1983). 

Ma proprio perché la sua libertà non fosse minimamente scalfita o insidiata, il Messina ha continuato a sottrarsi per lunghi periodi alla pubblica attenzione per condurre altri studi; le sue apparizioni sono sempre molto attese. 

Nel 1974 il nostro Autore pubblica Domenico Scinà e la letteratura greca di Sicilia: nel 1975 il commento al De senectute di Cicerone e l’originale monografia T. Calpurnio Siculo (Padova, Liviana Editrice), sulla quale il celebre filologo Raoul Verdière, in una lettera da Bruxelles del 10 dicembre 1975, gli scrisse di trovarvi «une finesse et une sensibilité que, d’habitude, on ne rencontre pas dans nos études». 

In quegli anni il Messina già dirige la collana di letteratura «I Dioscuri» del Centro Culturale «L. Pirandello» di Agrigento. Negli anni successivi pubblica il commento al De otio di Seneca (Palermo, 1976), Voltaire e il mondo classico (Palermo, 1976), molto apprezzato dal celeberrimo Pierre Grimal; Ritratto di Eugenio il Poeta (Roma, 1976), che il latinista Luigi Alfonsi trovò «scritto con simpatica penetrazione dell’animo di Eugenio» (Lettera del 1° gennaio 1976); Montesquieu e l’antichità greco-romana, negli «Atti dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo», 1977. 

Pure nel 1977 del Messina esce la classica opera Il caso Panepinto (Palermo, Herbita); alla distanza di otto anni pubblicherà In giro per la Sicilia con «La Plebe» (1902-1905). Un giornale dell’Agrigentino introvabile (Palermo, Herbita, 1985): due libri molto apprezzati dalla critica per il rigore scientifico, fondamentali per ricostruire la figura del Panepinto, ignorato o frainteso prima che se ne occupasse il Messina, che dunque ancora una volta apriva una strada nuova; non sarebbero mancati, al solito, gli approfittatori. 

Nel 1978 il Messina pubblica una sua Lettura del Villabianca, nell’«Archivio Storico Siciliano»: presenta un altro saggio all’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo nel gennaio del 1979 e viene pubblicato negli «Atti» del 1980, La Mettrie e Diderot. Il Messina ormai, oltre che per i suoi libri, la sua collaborazione a giornali e riviste nazionali e internazionali, per la sua fama di storico e la sua attività di docente universitario, per le sue conferenze, è conosciuto per le sue trasmissioni televisive di storia e letteratura. Nel 1980 pubblica Settecento italiano classicista e illuminista e Giordano Ansalone in Sicilia, nel quale si possono leggere per la prima volta i documenti fondamentali relativi alla presenza del Santo agrigentino in Sicilia, scoperti dallo stesso Messina; al libro è dato ampio spazio in riviste e giornali di grande prestigio, quale «L’Osservatore Romano». 

Ma Calogero Messina è anche un appassionato e curioso viaggiatore; ha viaggiato per tutta l’Europa; ultimamente è stato a NewYork e in Messico, dove ha tenuto delle conferenze. Il suo primo viaggio fuori dall’Italia risale al 1969, quando il grande grecista Bruno Lavagnini lo mandò in premio in Grecia e qui il Messina ama tornare. Nel 1979 si è recato in Spagna e Portogallo e nel 1981 ha pubblicato il libro Viaggio in Spagna e Portogallo dalla Sicilia. 

Nei suoi viaggi il Messina ricerca soprattutto la società, l’uomo; non dimentica mai la sua Sicilia, che non ritrova solo negli archivi, ma soprattutto nella nostalgia, dal confronto con altre terre. Alla Spagna ha dedicato ancora i due saggi su Umanesimo nella Spagna «ilustrada», pubblicati nel prestigioso «Boletìn de la Biblioteca de Menendez Pelayo» (1981-1982), e il volume Sicilia e Spagna nel Settecento, pubblicato nella collana «Documenti per servire alla storia di Sicilia della Società Siciliana per la Storia Patria, nel 1986; il suo tema, ha scritto al Messina Helmut Koenigsberger, Professor del King’s College di Londra, non era stato mai trattato prima – certamente non con la ricchezza del materiale che il nostro Autore ha trovato proprio in Spagna (Lettera del 28 febbraio 1986); Giovanni Allegra ha sottolineato la capacità del Messina di documentare le attitudini «mentali» («Il Giornale», 7 settembre 1986). 

Nel 1981 lo scrittore pubblica Giuseppe Ganci Battaglia Poeta delle Madonie, la prima monografia su quel rappresentante della letteratura siciliana; nel 1982 Il contributo di Ignazio Scaturro alla storiografia municipale: oltre l’erudizione, in .Archivio Storico Siciliano» e Figure siciliane (Herbita), a proposito delle quali Virgilio Titone ha scritto che l’anima del Messina «vive della memoria, nella fedeltà alla sua terra, ai suoi figli più umili» («La Sicilia», 6 gennaio 1988). Ha così inizio la prestigiosa collana «Sicilia ieri Sicilia oggi» dell’Editrice Herbita, ideata dallo stesso Messina, e nel 1983 il nostro Autore pubblica l’opera, anch’essa ormai classica, Immagine della Sicilia. 

Così ha scritto Provvidenza Bonura Ferrante: «Il volume che, pur senza averne il titolo, è in realtà una vera e propria piccola enciclopedia, è dovuto all’ esperta penna di un valoroso studioso, Calogero Messina, che con quest’opera apporta un deciso, coraggioso mutamento nell’indagine metodologica, facendo brillantemente convergere le informazioni di carattere etnografico, filologico, artistico, letterario e storico alla realizzazione della corposa struttura del testo» (Archivio Storico Siciliano, 1984). Nello stesso 1983 lo storico cura la riedizione, con suo saggio introduttivo e aggiornamento, della classica opera di Luigi Tirrito, Sulla Città e Comarca di Castronuovo di Sicilia, dando un nuovo, decisivo impulso alla migliore storiografia municipale, della quale il Messina è considerato uno dei più autorevoli rappresentanti. Nel 1984 cura la pubblicazione di un inedito di Giuseppe Ganci Battaglia, La vita di Gesù in versi siciliani e nel 1985 pubblica Sicilia 1943-1985 (Palermo, Ed. Grifo), in cui, come ha scritto Bent Parodi, il Messina «ha carpito l’anima segreta, il sogno del vecchio reporter e ha significativamente prestato la sua mano di scrittore alle foto di Martinez, per un modello raro di simbiosi» («Giornale di Sicilia», 30 dicembre 1985). 

Negli Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo del 1985 è apparso il saggio Il viceregno di Spagna in Sicilia e Messico, la relazione del Messina al Seminario Internazionale «Sicilia-Messico-Lombardia» (6-8 giugno 1985). Nel 1985 la Società Siciliana per la Storia Patria ha pubblicato l’antologia Scritti editi e inediti di Virgilio Titone con una Nota di Calogero Messina, molto apprezzata dalla critica. 

Nel 1987 lo scrittore pubblica il suo settimo libro su S. Stefano Quisquina, Una chiesa nel cuore, nella cui presentazione scrive fra l’altro il Vescovo di Agrigento: «Auguro al volume non solo ampia diffusione ma che possa essere di stimolo e incoraggiamento perché altri figli delle nostre comunità cittadine seguano l’esempio del Prof. Messina che ama la sua terra e la canta da maestro e da figlio». E Domenico De Gregorio, che ha presentato l’opera nella gremita Matrice di S. Stefano, nel quadro delle manifestazioni in onore di S. Giordano Ansalone, la considera esemplare e «un monumento che sarà veramente aere perennius» («L’Amico del Popolo», 21 giugno 1987). È ancora fresco d’inchiostro il libro di Ignazio Gattuso, Le comunìe di sacerdoti in Mezzojuso, curato dallo stesso Messina. Il nostro Autore continua a dialogare con le persone con cui ha fatto un tratto del suo cammino; ritrova la loro anima nel ricordo e negli scritti che hanno lasciato. Così, dopo avere pubblicato opere degli scomparsi Giuseppe Ganci Battaglia e Ignazio Gattuso, si sta occupando dell’opera inedita di Virgilio Titone, per espressa volontà del grande storico. 

Calogero Messina è raro esempio di scrittore, anticonformista e intransigente, che aborre il compromesso, libero da condizionamenti, come ha scritto Bent Parodi nel «Giornale di Sicilia» del 17 febbraio 1983. È uno storico onesto e un autentico scrittore che fa onore alla cultura siciliana e italiana. 

Salvatore Vecchio 

Da “Spiragli”, anno I, n.3, 1989, pagg. 35-40.

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