Ricordo di Giovanni Salucci 

Giovanni Salucci, scrittore, poeta, nostro collaboratore (faceva parte del Comitato di redazione di «Spiragli»), è morto dopo un ricovero ospedaliero. Aveva 83 anni. Era nato nel 1925 a Scurcola Marsicana, frazione di Cappelle dei Marsi (L’ Aquila). 

Trasferitosi giovanissimo a Roma, dove, avendo avuto come maestri De Ruggiero e Sapegno, conseguì la laurea in Lettere e Filosofia, lavorò presso il Ministero dei Beni Culturali e ambientali, occupando la carica di dirigente superiore e ispettore generale. Scrisse vari romanzi e saggi (La lampada rossa, La mafia dietro la scrivania, Bibbia, Vangelo e Corano) e poesie, che denotano una fine sensibilità e un’aspirazione ad un mondo più giusto e umano. 

Donato Accodo scrive in un suo profilo critico: «Come in Silone, è viva in Salucci una profonda sete di giustizia, un’aspirazione non retorica ad un mondo, dove domini il rispetto per la creatura umana e sia posto al bando il sopruso, la prevaricazione, l’egoismo. È vivo in lui, come nell’altro, anche il senso dello Stato e di qualunque struttura sociale (sia essa laica o confessionale) come organizzazione al servizio effettivo dei bisogni, delle esigenze del cittadino e dell’uomo e non a sua rovina. I tempi diversi in cui si sono trovati ad operare i due scrittori abruzzesi hanno dato una sfaccettatura diversa, un timbro diverso alla medesima ansia di riscatto, alla medesima fede in un avvenire migliore per tutti gli uomini.» 

Al di là di ogni giudizio sulla sua figura di operatore culturale, che può essere suscettibile di variazione, nell’arte come nella vita, Giovanni Salucci fu soprattutto poeta e vide sempre la realtà con gli occhi del fanciullo che era in lui. Di qui l’esigenza di conciliare i contrasti per ricondurli ad un bene comune e salutare per la pacifica convivenza tra tutte le genti. 

Bibbia, Vangelo e Corano trae spunto dalla sentita esigenza di cogliere le positività proprie di queste religioni per scongiurare ogni forma di fanatismo che spesso degenera nell’odio e nella guerra. 

Ne era fermamente convinto, e a questa idea dedicò gli ultimi anni della sua laboriosa esistenza. 

Per questo, e per quelli che lo conobbero e lo ebbero amico caro e disinteressato, Giovanni Salucci non è morto; egli vive in noi col suo sorriso, con le sue idee e il bisogno di condividerle. E, mentre siamo vicini al dolore della moglie Emma e dei due figli, esprimiamo l’auspicio di veder pubblicati i suoi inediti, perché possa essere conosciuto da un pubblico più vasto, e apprezzato, nei suoi valori ideali, come è giusto che sia.

Salvatore Vecchio

 

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 51.