Un cammino di cultura 

Buon pomeriggio a tutti, prima di tutto ringrazio Jean Paul de Nola per l’ospitalitàsempre affettuosa e signorile in questa che è una casa della cultura e non solo una bellissima magione privata. 

È davvero importante dare merito, e soprattutto festeggiare una rivista, “Spiragli”, che si deve ad un intellettuale o, come meglio direbbe, e giustamente ci ha ricordato in uno dei primi articoli Titone, un uomo di cultura qual è Salvatore Vecchio che, intanto, salutiamo con un applauso, in quanto è l’animatore di questa impresa, perché di impresa trattasi. Vedete, una rivista che ha solcato 20 anni e che oggi è approdata da 4, 5 numeri nelle sapienti mani dell’editore Renzo Mazzone, punto di riferimento della cultura siciliana e non solo, che è qui con noi e che saluto come maestro di molti di noi, per l’affetto da un lato, ma soprattutto per la competenza, la cultura e la qualità della sua azione culturale e per avere preso nelle proprie cure questa prestigiosa rivista. 

Ma l’impronta marsalese, l’impronta siciliana di “Spiragli” è appunto, tutta del suo direttore, senza nulla togliere, come vedremo, agli autori. Diciamocelo francamente, una rivista è di cultura, di letteratura e, soprattutto, di chi la fa, di chi la fa con amore, con passione, con determinazione, con libertà Questa rivista, come leggeva prima il prof. De Nola, che tra l’altro è un collaboratore (io ho appena letto in questi giorni un bellissimo suo ulteriore contributo a Paul Bourget che egli ha pubblicato proprio su “Spiragli”), è nata all’insegna di questi valori, all’insegna, appunto, della libertà. 

Su questa rivista hanno avuto ospitalità tanti uomini di cultura: poeti, non solo italiani, narratori, saggisti. Ma, soprattutto, questa rivista nasce in una zona certamente complessa della nostra Sicilia che è Marsala (per quanto Marsala sia una bellissima città che io amo molto, anche per ragioni familiari e non solo perché è una bella città, essa, diciamolo francamente, pur avendo avuto specialmente negli ultimi anni una ripresa di attività culturale, non c’è dubbio che fino ad una ventina di anni fa, quando nasceva la rivista, era una zona abbastanza terminale della vita culturale siciliana e nazionale. Ad esempio, la galleria del Carmine ha in questi anni prodotto alcune importanti mostre che sono a vanto di questa città ma soprattutto, grazie a “Spiragli”, è diventata anche una città che ha irradiato la vita letteraria e culturale nel più ampio ambito siciliano, nazionale e internazionale. 

Intanto, il nostro prof. e amico Salvatore Vecchio, autore che ha esordito nel 1963 con la raccolta di poesie Primo Albore, presente in varie antologie, è autore di un libro di narrativa, Le lettere di Maria Clara Neves, pubblicato dalla Herbita nel 1984, di saggi molto importanti e soprattutto autore di saggi corposi e di una letteratura siciliana. Penso ai saggi su Cardarelli, Pirandello e Ionesco, a La terra del Sole, penso al numero unico che ha curato e anche ai tanti contributi dedicati a Romano Cammarata, artista, scrittore, poeta e anche alto dirigente della Pubblica Istruzione italiana. 

Quest’impresa nasce proprio all’insegna della libertà il primo numero dell’ ‘89, del gennaio-marzo ‘89, lo ha detto il prof. De Nola, nasce con quelle parole che abbiamo già sentito e con queste altre che vorrei leggervi, perché è il manifesto di fondazione di “Spiragli” e per vedere e verificare insieme, se in questi anni ha tenuto fede, secondo me assolutamente, a questo programma: 

In un periodo in cui tutto sembra correre verso uno sfascio senza alternative, e la materialità è dilagante, si sente il bisogno di ripristinare quei sani valori di una volta che davano fiducia nella vita e la facevano amare. 

Nostra convinzione, e di quanti la pensano come noi, è che se l’uomo guardasse un po’più dentro di sé certamente ritroverebbe tante di quelle risorse positive, che ora sembrano del tutto assopite, e necessarie per cambiare in meglio lo stato in cui si trova. 

Consapevoli che bisogna adoperarsi, oggi più che mai, per perseguire il bene, non rimane che rimboccarci le maniche per recuperare il senso vero della vita: la famiglia, l’micizia, il rispetto del prossimo… 

Questo è l’intento che anima i promotori e i sostenitori della Rivista, e per questo intento guardano fiduciosi alla letteratura, alle arti, alla scienza, alla scuola, ai problemi che li circondano, sicuri della loro importanza formativa e costruttiva insieme. 

Vedete, questo è un programma di ampio respiro, un programma che già dai primi numeri vedeva l’attenzione di intellettuali di grande livello, di scrittori, di critici: penso a Barberi Squarotti, a Mario Pomilio, a Francesco Spina, all’amico comune Francesco Grisi, un amico che resta per me e per molti di noi un punto di riferimento assolutamente non eludibile. Tutti questi andavano ad indicare nei primi numeri una sorta appunto di spiraglio. Infatti il titolo è lo spiraglio, direi, quasi la fessura che si apre verso la conoscenza, quella necessità di guardare oltre, attraverso una sorta di fenditura, attraverso una sorta di apripista. 

Quando recentemente (qui ho tanti colleghi e amici che ringrazio), parlavo di fondare una rivista in una classe di terza superiore, dicevo: – Ragazzi, voi non capite a volte cosa significa potere stralciare una tela e potere aprire una tela. A volte si dice: – E chi non sa fare una cosa del genere? Chiunque è in grado di dare uno strappo a una tela! Però il concetto è ben diverso! Il concetto significa “aprire oltre la tela “, “andare oltre la tela”, “guardare oltre”; comunque sia, il segno può piacere, può non piacere, è un problema estetico; concettualmente, l’idea è quello di andare oltre, e lo spiraglio è questo: vedere di aprire delle possibilità. E queste possibilità su che cosa si muovono, su cosa si misurano, su cosa si materializzano? Nella letteratura. Una letteratura che non è soltanto “narcisismo”, perché noi abbiamo l’idea – molti di noi, diciamo la verità – abbiamo l’idea della letteratura come narcisismo, come forma di autorappresentazione, di autoaffermazione, come se la letteratura fosse un bel vestito, una bella occasione, un bel modo per rappresentarci insieme, per stare insieme. Probabilmente la letteratura è anche questo, per carità mondanità ma certo è l’ultima cosa rispetto a quello che è il testo, rispetto a ciò che è la vera e propria funzione e direi anzi, per certi versi, missione fondamentale della scrittura. Da quando esiste la scrittura, cioè da quando l’uomo comunica attraverso i graffiti, che forma di scrittura sono, come lo sono i geroglifici, trasmette. 

Che cosa è un graffito? Cosa sono, ad esempio, i graffiti dell’Addaura? 

Sono forme di trasmissione, non solo il segno in quanto tale, sono forme in quanto tali. Naturalmente poi si codifica in linguaggio, e poi nella storia della civiltà Tuttavia “trasmissione” significa anche avere responsabilità di ciò che si trasmette; e questo è stato il senso della rivista in questi anni: è stato il senso della rivista con le difficoltà che soltanto chi fa riviste può saperlo. Soltanto chi stampa libri e chi ha quotidianamente a che fare, come Renzo Mazzone, ed anch’io (ormai da tanti anni, non quanto i suoi, ma insomma anch’io da tanti anni), ci portiamo dietro, da un lato, come compito, ma anche come, per certi versi, segno da esplicare ulteriormente nel segno della diffusione e della presenza, ma soprattutto, della identificazione della cultura. 

E allora cosa ha pubblicato “Spiragli”, cosa ha fatto in questi anni? Innanzitutto ha eletto, a mio avviso, alcuni punti di riferimento. Li ha eletti e, nel tempo, ne troviamo echi. Uno di questi punti di riferimento è a mio avviso, anche perché ho visto quasi tutti i numeri della rivista, Virgilio Titone. 

Non solo come grande storico e non solo perché se ne occupò sin dal primo numero, se non ricordo male, Calogero Messina, che fu un collaboratore attento della rivista, ma perché attraverso Virgilio Titone si è impresso, direi, anche nella desolata per certi versi provincia siciliana che è quella del trapanese (desolata lo era, anche secondo l’accezione di cui parla in un saggio molto attento e profondo Vecchio su Gentile, a proposito del tramonto o meno della cultura siciliana), il segno di una rinascenza. Tutto questo con Titone 

è stato il segno di una rinascenza. Una rinascenza che si basava soprattutto su una storia rivista, meditata e indagata secondo una categoria di ordine oggettivo e non soltanto soggettivo, pur essendo il nostro Titone, per chi lo ha conosciuto, come me e come molti di noi, un uomo di una difficoltà caratteriale senza pari. Io mi porto la fama di essere un poco spigoloso, e me la porto dietro con piacere, ma, diciamo, Titone era una delle persone non spigolose, era uno specchio aguzzo. Tuttavia chi ha avuto il segno e il senso della sua amicizia, e soprattutto della lettura dei suoi testi, capiva e ha capito che la libertà di Titone era paradigmatica al suo essere uomo integralmente calato in una realtà di crisi da un lato che egli ha violentemente, in termini anche di pubblicistica, attaccato alla radice; penso a Titone ricordato sulla rivista per la direzione delle sue riviste, una delle quali provocatoria anche nel titolo, intitolata “Quaderni reazionari”. 

Titone era un vecchio liberale, conservatore, amico di Croce. C’è un bellissimo testo, devo dire, che rievoca una mancata visita al grande filosofo, e questo è anche paradigmatica di un certo modo di fare cultura, narrata nelle pagine di “Spiragli”; è un lungo saggio, molto bello, che narra appunto questa mancata visita di Titone, allora già maestro del nostro Ateneo, e Koenigsberger, di origine tedesca, che diverrà un grande storico e studioso, autore anche di saggi pubblicati su “Spiragli”, un amico, un maestro, un vate, diciamo così un altro punto di riferimento della rivista. 

Titone un giorno al giovane amico studioso dice di volergli fare conoscere Croce. Siamo nel 1947 e i due si avventurano per treno in un viaggio troppo periglioso per quegli anni. A Napoli per un contrattempo non riescono ad incontrare Croce. Anzi, Titone nel timore di voler sollecitare con la visita una recensione, dice all’amico di andare lui. Così nessuno dei due vi andrà e dopo tre giorni fanno ritorno a Palermo. Questo per dire chi era Titone. 

Ma non solo. Su Titone c’è recentemente, credo nell’ultimo numero, un articolo che ne riprende, invece, la religiosità Titone era un uomo particolare nella sua religiosità assolutamente cosciente di una tradizione. Perché la coscienza della tradizione? Titone intanto era e lo diceva, lo dichiarava apertamente, un uomo che si muoveva secondo regole anche di tipo familiare, nel senso che diceva: “io sono nato in questa religione”, “sono nato nel cattolicesimo”, “mia madre mi ha insegnato queste cose e io vivo la mia religione secondo schemi che sono quelli della tradizione”. Tant’èvero che, come altri intellettuali italiani, come tanti uomini di cultura, aderì al Manifesto che fu firmato dalla grande scrittrice Cristina Campo e da Elemire Zolla sul latino, sulla liturgia tradizionale, perché Titone sosteneva che la Chiesa si secolarizzava con la lingua volgare e che il deposito della tradizione non poteva che stare nella difesa del latino. Naturalmente questo lo faceva da reazionario, da reazionario a suo modo, non secondo i criteri odierni; reazionario nel senso di reazione allo status quo, all’andazzo delle cose, alla dimensione, diciamo così del quotidiano, soprattutto alla sciatteria che già nei tempi si prospettava, non certo come la catastrofe odierna, ma aveva buoni indizi e buone aperture rispetto alla questione che stiamo quotidianamente vivendo. 

Altro punto di riferimento della rivista è stato, non solo perché si è pubblicato un saggio e non solo perché Pomilio, in una sua lettera al direttore, rispose dicendo che “le intenzioni iniziali sono chiare”, a proposito del primo numero. Pomilio, grande scrittore e uomo di straordinaria importanza, insieme a quell’altro amico, Michele Prisco, sono state coscienze di altissima levatura, esattamente sulla stessa linea di Mario Luzi, come coscienze anche inquiete del cattolicesimo italiano, attente da un lato ai segni del tempo, dall’altro alle risorse fondamentali dell’ identità e della fede. Il Quinto evangelio è una delle sue opere di fondo. Pomilio è un autore che va riletto, e la rivista ha proposto un articolo ampio con tutta una serie di elementi e soprattutto di critiche ai vari suoi testi. 

Pure un riferimento è certamente Ungaretti, citato spesso e soprattutto analizzato a fondo, e poi Pirandello; non solo per Pirandello, per l’amore e l’attenzione vigile del nostro direttore Salvatore Vecchio che è autore di saggi specifici, anche più di uno sulla rivista, ma per questo senso della Sicilia che indica la rivista da un lato come segno di contraddizione, dall’altro segno di una forte consapevolezza. 

La lettura di Pirandello proposta dalla rivista non è una lettura stereotipata, non è la solita lettura di Pirandello; e l’assurdo di Ionesco diventa nei testi di Vecchio il trait d’nion tra due colossi della letteratura europea, Pirandello e Ionesco. Ma soprattutto Pirandello resta autore europeo e non solo siciliano. 

Guai al sicilianismo dei confini, come se il mondo finisse a Reggio Calabria e lo stretto di Messina fosse il confine del mondo! Questa è una stupidaggine; quando si esaminano le letterature regionali, esse vanno certamente identificate con i loro presupposti, con il loro humus profondo, ma vanno identificate in una cornice sempre più ampia, mai limitata alle strettoie, né geografiche né linguistiche, né tantomeno legate al folklore vero e proprio. Infatti Pirandello resta europeo e resta un grande personaggio della storia letteraria europea e mondiale proprio per questa ragione, perché supera i territori. 

Mi piace sottolineare proprio, a proposito delle letture e riletture che fa “Spiragli”, l’altro personaggio che è stato assolutamente quasi ormai ignorato che è Nello Sàto, l’anarchico, diciamo, individualista da un lato e utopista Nello Sàito, a cui Vecchio e la rivista hanno molto insistito negli anni, pubblicando anche delle lettere, dei resoconti, e pubblicando un’attenta ricognizione sulle opere e poi una memoria. Bellissimo articolo che ho riletto fino a ieri sera, quello in morte di Sàito che indubbiamente ci ricorda un altro scrittore, geniale a suo verso, nato a Roma ma siciliano nella essenza più ampia, che è un altro autore da riscoprire, che la rivista ci invita a scoprire. Anche quello è un segno; la rivista non può soltanto, diciamo così parlare dei grandi e mettere solo temi e autori consueti. Bene, “Spiragli” ha avuto e ha questo compito di indicare altri, anche attraverso le tante recensioni di altrettanti autori, che qui sono presenti e che poi saluterò che indubbiamente entrano nella cornice generale di questo movimento che èmovimento anche delle lettere in Sicilia e non solo. 

Ma poi c’è il tema dell’umanesimo siciliano, non solo inteso filologicamente e storicamente, altro attento saggio, ampio saggio, a firma di Salvatore Vecchio, ma direi “umanesimo siciliano” inteso come metafora di alternativa rispetto all’ovvio e, in fondo, quell’”umanesimo siciliano” fra il ‘400 e il ‘500 diventa la misura di una possibile ripresa anche in Sicilia che certamente nel ‘900 ha avuto esponenti di grande rilievo. Su questo non c’è dubbio. La stranezza nostra, ma per molti versi anche la nostra originalità consiste proprio in questo: da un lato indubbiamente una certa marginalità geografica e anche culturale (che cosa sono i grandi centri della cultura, cosa le riviste, cosa significa fare arrivare le nostre cose fuori), ma dall’altro lato anche la difficoltà. 

Prendete, per esempio, un centro che, a mio avviso, diventa emblematico di questa contraddizione e che si chiama Bagheria, un centro emblematico di corruzione e di distruzione sfrenata del territorio. Un centro, una città bellissima, ma se andate a visitare Villa Palagonia, trovate uno scempio, ridotta a spettacolo indecente, una cosa orrenda. Eppure Bagheria ci ha dato personaggi che si chiamano Renato Guttuso, Ignazio Buttitta, Giuseppe Tornatore, ma che si chiamano pure poeti minori, come Castrense Civello (autore anche di Renzo Mazzone che pubblicò un libro su Gioacchino Guttuso Fasulo), Giardina, e poi i fotografi Scianna e Pintacuda e tanti altri. Questo lo dico perché in fondo Bagheria è la sintesi di quella che è la Sicilia, è la sintesi anche del nostro cammino, cammino irto, difficile, complesso, soprattutto alla ricerca di quell’”umanesimo siciliano” a cui prima si faceva riferimento. E sono i temi che poi affrontano intellettuali nostri. Penso ad Elio Giunta che scrive in uno degli ultimi editoriali e poi anche in articoli delle questioni riguardanti la letteratura in Sicilia e da un lato di quell’anticonformismo che si va cercando, che si va predicando anche in nome di anti che poi diventano soltanto bla bla. 

Penso agli articoli sulla giustizia, agli ultimi che sono stati proposti da un altro grande studioso, poeta, intellettuale e giurista che è stato Antonino Cremona, un vanto per la rivista “Spiragli”, perché Antonino Cremona è stato anche un testimone della vita culturale siciliana del secondo dopoguerra. Ma poi ancora ci sono i temi su cultura e ostracismo, i temi riguardanti i giovani e la famiglia, la giustizia, la natura, e l’atteggiamento, la predisposizione, direi, che la rivista ha sempre avuto nei confronti dei temi artistici, in particolare analizzando autori, come Sironi, Milluzzo, Antonello da Messina, Marcucci, Romano Cammarata a cui, come si diceva, la rivista ha dedicato un intero numero. E ancora temi filosofici. Pensiamo da un lato al 

saggio su Rousseau, fra democrazia e totalitarismo di Anna Vania Stallone, gli articoli della Cacioppo su Cartesio e Spinoza e ancora quelli riguardanti naturalmente la letteratura, le stroncature, i profili e i saggi legati a Gentile, sui quali spendiamo una parola in più. 

I saggi pubblicati sulla rivista in numeri passati suggeriscono riflessioni su Gentile. Da un lato, c’è naturalmente l’attenta analisi di Vecchio e, dall’altro, c’è un articolo a corredo, se non ricordo male, in quel numero stesso, di Stallone, “Restituiamo a Gentile la sua dignità”. Qual è l’analisi di Vecchio? Certamente Gentile è un gigante, un gigante della cultura, un gigante della filosofia (si può essere d’accordo, non d’accordo, questo fa parte del gioco della vita) ma, non c’è dubbio che il velo di silenzio su Gentile è solo del provincialismo culturale. Insomma, si può parlare di tutto ed è come dire che si vuole omettere, per chi marxista non è, Marx dalla storia della filosofia. È proprio una stupidaggine; è come omettere una parte (giusta o sbagliata che sia) della storia del pensiero. Gentile, quindi, è non solo un grande filosofo, ma anche un attento osservatore delle cose. È tuttavia la tesi sul tramonto della cultura, a cui prima ci si riferiva, una tesi che Vecchio, coraggiosamente direi, anche nel momento storico in cui scrive l’articolo, contesta guardando i segni. Ecco, parlavamo un po’ prima di Bagheria come metafora, Bagheria, come naturalmente può essere Marsala, può essere quello che volete voi, in ogni caso, la metafora della Sicilia letteraria. 

Come mai in tanta depressione, come mai al tramonto può sorgere una nuova alba? Come mai sorgono poi nel ‘900 figure che si chiamano Pirandello o Brancati? Come mai, in tanta depressione rispetto a quell’analisi? Beh, una chiave di lettura che ci accomuna è appunto la riscoperta dei valori da un lato e la perenne attualità della letteratura e della scrittura letteraria e poetica dall’altro. Questi sono dati incontrovertibili, perché se vogliamo fare, come facciamo adesso, un bilancio di “Spiragli”, è anche un bilancio della cultura siciliana, per molti versi della cultura siciliana dal dopoguerra ad oggi, ma direi anche del ‘900, di quello che è stata la cultura siciliana del ‘900. 

Allora è un bilancio naturalmente critico, eppure un bilancio che porta a vedere con attenzione ciò che è stato e a vedere anche con una certa speranza, quella speranza editoriale a cui avevamo fatto riferimento non solo sui valori, ma sull’individualità. Più che un fatto sociale, io direi, la letteratura siciliana è sempre stata ed è comunque un fatto di individualità come dovrebbe del resto essere sempre la scrittura, non è stato mai un movimento organizzato, movimenti o gruppi. 

Pigliamo il caso del futurismo in Sicilia. Qui c’è la prof.ssa Rampolla che ha scritto tra l’altro tanti saggi, 

recensioni, anche molto importanti su “Spiragli” e che ha scritto un libro su Federico De Maria, il quale entra in contatto con Marinetti, con l’idea rivoluzionaria della letteratura, e conia il termine avvenirismo. Ma sarà Marinetti, che era un genio straordinario dell’invenzione, a fondare il futurismo. Ciò che non era riuscito a De Maria, riuscì a Marinetti. Ebbene, De Maria, senza la deformazione ideologica di un Vittorini o di un Brancati, ci dà la misura di cosa è stata ed è la cultura siciliana del ‘900. 

Anche questa rivista non ha carattere ideologico; ha un suo programma preciso a cui ha tenuto perfettamente fede; essa non è di parte, ma aperta, come deve essere la letteratura, la cultura, aperta al dibattito, al confronto. Questo non vuol dire che è una rivista sincretista, è una rivista che ha un’identità che pone l’identità in parallelo con altre realtà e con altre culture, come dimostra la collaborazione con poeti e con intellettuali di altri Paesi che si è manifestata negli anni. In questi ultimi anni, anche grazie a Renzo Mazzone, devo dire, per i poeti e gli scrittori brasiliani, ma prima va citata, a merito della rivista, la corrispondenza e la collaborazione con autori di diverse nazionalità tra cui quella con l’italianista spagnola Ángeles Arce, con lo scrittore Avelino Hernandez, poeta, narratore e autore di libri per ragazzi che poi è diventato anche un punto di riferimento. Ma nelle pagine di “Spiragli” trovate tanti di questi contributi. 

Possiamo naturalmente parlare di quelli che sono i “Problemi e discussioni”, un titolo delle rubriche ferme della rivista. Certo, problemi e discussioni la rivista ne ha posti molti, innanzitutto sulla praticabilità della letteratura. Il problema della praticabilità della letteratura in Sicilia è stato affrontato da “Spiragli” con la determinazione che si deve ad una palestra di libertà e poi anche dai vari collaboratori o coloro che sono stati. Qui vedo il giudice Osnato che saluto, un ottimo e importante poeta, accolto nella rivista anche con recensioni, così come Anna Maria Adragna, il nostro amico Cangemi, la prof.ssa Rampolla, lo stesso nostro padrone di casa. Tuttavia l’ampia gamma di collaboratori deve riferirsi anche al territorio nazionale, soprattutto a Donato Accodo, che è stato per molti anni il tramite della rivista con la E.I.L.E.S, anche lui un critico e un saggista di vaglia e poi alla corrispondenza di tanti autori nazionali e internazionali. 

Io, qui, concludendo, ritengo che veramente di “Spiragli” bisogna avere la collezione completa. “Spiragli” è una rivista che si scrive, appunto nella rinascenza possibile della cultura siciliana, possibile ma concreta, testimoniata quotidianamente; se poi sia complessiva o meno, non è Camilleri che la determina. Lo dico con molta franchezza e con molta onestà intellettuale, non è Camilleri che la determina; con tutto ciò per carità gli diamo tutti i benefici d’inventario, gli diamo anche opere a volte buone e accolte, anche se, diciamo, non proprio identificabili come opere letterarie. Tuttavia, comunque, una presenza, ma non è quello il punto evidentemente. Certo, Sciascia lo è stato; Sciascia, contestato da Messina in un articolo, come lo contestava Titone. Eppure ritengo che la coscienza che è stato Sciascia ancora oggi è punto di riferimento, punto di riferimento di libertà individuale, anche di contraddizione; sapersi contraddire e saper rivedere le proprie opinioni, le proprie idee, soprattutto camminare nel sentiero della libertà è sempre, comunque, un’operazione complessa, difficoltosa, e Sciascia è stato anche lui un testimone straordinario di questa ascesa verso la verità una verità laica per il Nostro, tuttavia una verità che poi la letteratura, la poesia, la stessa filosofia ovviamente in primis debbono condurre come obiettivo di fondo, come conoscenza fondante. 

In tutto questo la rivista assume un suo profilo e il bilancio che è già stato fatto 10 anni fa (io ho trovato anche la noticina di 10 anni fa), stavolta lo facciamo insieme a voi. Devo dire anche con un pubblico scelto di scrittori, poeti, narratori che sono qui presenti, davanti al quale il piacere e l’onore che mi ha dato stasera di discutere con voi mi dà anche il senso di una libertà. Salvatore Vecchio e io siamo amici, abbiamo un buonrapporto, ma non abbiamo avuto mai in questi venti anni straordinari rapporti; ci siamo visti, ci siamo incontrati in varie occasioni, devo dire che lui mi ha invitato sempre a scrivere; io, per la verità per la mia proverbiale pigrizia, ho dato poco o niente, per la verità niente. Però i rapporti sono stati sempre costanti; c’è un punto di riferimento: si sa, si sapeva che veniva e arrivava la rivista, arrivava cioè un punto di riferimento che ancora oggi resta utile alla conoscenza di quella cultura siciliana e non solo alle discussioni, ai temi e ai problemi che la cultura siciliana pone. Quindi a Vecchio, a tutti i suoi collaboratori, a tutti gli amici che hanno seguito e seguono e, direi anche, a Renzo Mazzone, un ringraziamento della comunità palermitana, ma anche il ringraziamento sincero di chi vi parla. La comunità palermitana variegata, difficile, complessa di scrittori, poeti, narratori e tutto quello che volete, saggisti e che, però, è riuscita negli anni ad avere anche una dignità, e questo confronto è presente nella rivista con tanti autori e noi ringraziamo per l’ospitalità che è stata sempre data a tutti noi palermitani e non come capitale dell’Isola ma come centro vivo, ancora vivo della cultura e soprattutto della speranza che la Sicilia incarna. 

È quell’umanesimo, concludendo, a cui si faceva riferimento, l’umanesimo della ricerca e della speranza; quell’umanesimo che si fonda su valori perenni e che tuttavia si confronta, dialoga con il mondo, ma soprattutto dialoga interiormente. Avrebbe detto il nostro Piero Scanziani, un viaggio entronautico dentro la letteratura che poi è un viaggio entronautico entro tutta la vita. In fondo la letteratura non è soltanto uno svago, non è un hobby; chi dice che la letteratura è un hobby non è né scrittore né letterato, è una persona che scrive su fogli di carta. La letteratura è tutto rispetto al fatto che la vita si muove attraverso la scrittura, non è un fatto episodico, non è un hobby della domenica. In questo senso “Spiragli”, nel suo titolo, nella sua storia e nelle complessità delle sue pagine, ci rappresenta e ci rappresenterà ancora per tanti anni. Grazie. 

Tommaso Romano

Da “Spiragli”, anno XXII n.1, 2010, pagg. 8-16.