Editoriale 

Siamo pienamente convinti che alla base di ogni assunto giornalistico debba esserci l’esigenza di un’informazione sana e coscienziosa che rispetti la dignità professionale e il lettore. Anche perché ogni devianza è una forma di sottile violenza che si riflette non solo sul diretto fruitore, ma sull’intera collettività. 

«Carte false. Fare carte false. Spacciare carte false. Sempre di più, il giornalismo italiano appare così: un mestiere che maneggia troppe carte truccate, un mestiere che tradisce se stesso». Giampaolo Pansa sembra un po’ esagerato, eppure dice la verità. 

Sfogliando i giornali, si costata con amarezza che spesso, più che informare, confondono, e quello che un giornalista ha detto il giorno prima, da lui stesso viene sconfessato il giorno dopo. È vero che c’è libertà di stampa e di opinione, ma questa libertà non va confusa con la faciloneria e la superficialità, e la notizia non deve essere mai frutto di fantasia. 

Tanto per dirne una, all’amico e scrittore Rosario La Duca vengono attribuiti, in un noto giornale regionale, presenza e intervento ad un seminario a cui non ha mai partecipato, perché ricoverato in un ospedale palermitano. 

La notizia ha suscitato scalpore e una protesta con lettera al Direttore sottoscritta da amici e frequentatori dello scrittore. 

Non sappiamo che esito abbia avuto l’iniziativa, ma – comunque sia – l’accaduto è indice di malessere e di crisi; e questo è grave, perché un giornalismo del genere è nocivo e sarebbe meglio se non esistesse. 

Gaspare Li Causi 

Da “Spiragli”, anno I, n.2, 1989, pag. 3.

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