La multidimensionalità e la pluricontestualità di un  insegnante-educatore 

Multi-dimensionalità e pluri-contestualità sono termini nodali e chiarificatori del modus essendi di un insegnanteeducatore, in quanto tale deve essere il suo carattere de facto in una società in cui non si procede più in maniera unidirezionale. 

L’atto di operare in una scuola tutta integrante, luogo che trasforma il sapere in una sorta di conoscenza circolare ed enciclopedica, sommativa ed integrativa del saper fare e del saper essere, presuppone la continua ricerca-azione intrisa di saggezza umana e di sapienzialità nelle interazioni personalizzate in più contesti e in più dimensioni, e richiede agli educatori una metànoia interiore profonda capace di leggere l’intero nel frammento, la pluricontestualità nella mono-tematica vita scolastica. Il campo d’azione dell’ insegnante, quindi, si allarga; esce da quella chiusura cui era relegato precedentemente, divenendo l’educatore-insegnante specialiizato con compiti specifici e molteplici perché tali sono le caratteristiche richieste, e con una saggezza e un equilibrio di personalità che lo rendono esperto in umanità e che gli permettono di propagandare il ciceroniano detto della scuola come animi cultura. In tal modo, il ruolo dell’insegnante ha, iter facendo, mutato la sua funzione, ampliandosi e arricchendosi, rappresentando adesso il punto focale attraverso cui sicuramente transita l’integrazione e, nello stesso tempo, si pone come una presenza di natura preventiva rispetto a situazioni di difficoltà. 

«Ottimo maestro è colui nel quale il fanciullo vede se stesso, l’interprete del suo mondo interiore in cui egli stesso non sa guardare a fondo, in certo modo la continuazione e l’esplicazione di se stesso come in un piano più elevato, la cui guida e direzione, lungi dall’essere temuta o aborrita, è desiderata e aborrita », così La Manna scriveva più di quaranta anni fa. Come non condividere questo pensiero? Il ruolo e la formazione dell’insegnante devono essere centrati sulla relazione e sulla comunicazione, sui rapporti tra area formativa e area informativa: gran parte della professionalità dell’insegnante specializzato consiste nella capacità di intervenire attraverso corrette modalità relazionali sia con gli alunni che con gli altri insegnanti. 

Questa è una caratteristica strategica elettiva che deve essere considerata come tratto fondamentale della figura professionale. Il fatto stesso di co-operare, inter-agire, co-agire e relazionarsi presuppone la molteplicità di situazioni che deve assemblarsi in questa figura: i diversamente abili, d’altronde, presentano ai docenti delle discipline difficoltà di insegnamento per il fatto che sono diversificati i processi di apprendimento1. 

L’insegnante, perciò, per rispondere alle specifiche e diverse esigenze di apprendimento e di sviluppo umano dei soggetti in difficoltà, deve essere in grado di operare scelte consapevolmente critiche, come scrive Larocca, in base all’offerta di senso pedagogico, alla consapevolezza della dimensione formativo-educativa delle tecniche usate nelle azioni didattiche e degli elementi significativi per la rappresentazione metapoietica della realtà, e alle molteplici funzioni della scuola nel contesto della società contemporanea. Presupposto indispensabile per l’attuazione di ciò sono la capacità e la fattiva realizzazione del dialogo tra agenti diversi, cui l’insegnante-educatore si deve adoperare per attuare quale mediatore privilegiato in una società pluri-dimensionale che, molto spesso, ascolta poco e che allo «stare con gli altri» deve far combaciare «il fare con gli altri». La condizione di dovere operare nei vari aspetti della realtà (antropologici, filosofici, neurologici, pedagogici e didattici) e nella difficile dinamica del rapporto dicotomico fra l’insegnamento ad apprendere e l’apprendimento stesso di tutti gli studenti, tutti diversamente abili (Gardner docet) , è la prospettiva principale cui deve tendere2. 

La multidimensionalità e la pluricontestualità sono insite nel suo ruolo di «progettare azioni», dove, al fine di mirare l’azione, si esige la conoscenza delle diverse dimensioni dell’insegnamento in generale e i contenuti della disciplina che si conosce di più, nonché la conoscenza della logica latente e interna che presiede a quella disciplina, ossia degli aspetti epistemologici più profondi. Tutto ciò che interviene nell’atto didattico occorre sia adeguato non tanto o non solo al contenuto, ma ai processi interiori necessari per far propri i contenuti. Ne deriva che l’insegnante deve essere capace di conoscere se stesso, le singole personalità, la realtà sociale intorno, e quant’altro entri in relazione con il soggetto, non facendo ricorso solo a strumenti standardizzati, quanto alle sue sensibili capacità di lettura dei dati rilevabili da una perenne ricerca-azione. Solo così potrà riuscire ad operare e mettere in pratica modalità e strategie adeguate e differenziate e pianificare un progetto di vita flessibile, dinamico e funzionale, avendo coscienza di tutte le variabili in gioco: dalle premesse antropologiche di fondo degli attori, alla capacità di dominio in situazione delle variabili intervenienti. 

L’essere esperto in situazione richiede all’insegnante un’acuta capacità di osservatore delle personalità in sviluppo, di moderatore di situazioni difficili e di portatore di un modo di insegnare che deve andare oltre la letio ex cathedra. Non fu Collodi che fece acquistare la stima e la simpatia di tutti al suo personaggio che era stato inizialmente deriso e beffato, perché, a differenza degli altri, era un burattino? Il piccolo Pinocchio, alla fine, va dicendo: «Badate ragazzi: io non sono venuto qui per essere il vostro buffone. lo rispetto gli altri e voglio essere rispettato!»3. 

Essere disponibile verso l’altro, sia a livello numerico che analogico, significa ascoltare e capire l’altro mettendosi in una dimensione unisona, di essere al servizio dei colleghi e dei genitori in quanto diventa capace di fruire di tutte le risorse presenti nell’istituzione in cui opera che egli aiuta a mettere insieme e a co-ordinare, per il miglioramento globaIe e generale della situazione delle classi in cui lavora, comprendendo i momenti più consoni per fare proposte di natura didattica capaci di aiutare gli allievi ad apprendere, come quando, prendendo spunto da eventi naturali o sociali, suggerisce azioni capaci di coinvolgere più docenti per problematizzare e contestualizzare le situazioni e gli apprendimenti in modo multi o pluridisciplinare e interdisciplinare, coinvolgendo l’intera comunità sociale in cui vive l’istituto scolastico: ne conosce le potenziali ricchezze e stimola i responsabili affinché da tali ricchezze non vengano esclusi tutti gli allievi, ma soprattutto i soggetti in difficoltà. 

In una moneta del Medioevo si legge «Humanitas humana terre» (l’umanità sostenga l’uomo), riconnettendosi all’immagine cara del buon samaritano: «Un uomo viene derubato, spogliato, battuto, lasciato morente per strada. Passa un sacerdote e non si ferma, passa un levita e non si ferma … Si ferma solo il buon samaritano, scendendo da cavallo » Questo sta a significare come, in una società così complessa e plurima, molte volte si perdono di vista le cose più vere! 

Bisognerebbe anche imparare a ricoprire il ruolo del buon samaritano. 

Rita Vecchio

NOTE 
1. N. Cuomo, Pensami adulto, Torino, UTET.1995. 
2. E. Fromm, Avere-a-essere, Milano, Mondadori, 1995. 
3. R. Lambruschini, Dell’autorità e della libertà, Firenze, La Nuova Italia, 1974.

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 21-23.

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