M. Crestani, Jules Verne, Fontanelle di Conco, 1995. 

Marco Crestani indulge a un privato diletto: rivisitare l’infanzia attraverso la figura che più di tutte ha stimolato l’infanzia di questi cento anni – quel Jules impressionante profeta dei nostri futuribili. 

Il privato sogno rivela consistenza non aerea grazie all’evocazione di una figura coeva, quella di Edmondo De Amicis, che nella finzione narrativa procura all’incondizionato ammiratore -narratore l’incontro col romanziere. È l’italiano appunto a veicolare nelle proprie parole abitudini carattere e genio del gran francese. 

Pochi giorni dopo la visita giunge la notizia della morte di Verne, e quella lontana giornata del 1905 acquista ancora di più pregnanza e suggestione. L’ignoto visitatore la racchiude nell’aureo scrigno della memoria. Il viaggio sentimentale resta così affidato al vissuto della pagina, in un’atmosfera di realismo elementare, e perciò magico, e perciò fascinatorio, che l’autore sa restituirei. 

Cosma Siani

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