Milluzzo Artista dell’umana sensibilità 

Una personale di Sebastiano Milluzzo non può certo passare inosservata, specie per chi ha avuto modo di vederne altre, in Sicilia e altrove. L’occasione ce l’ha offerta Arte Club ’88 di Marsala, aprendo i suoi locali ad un artista tra i più validi del nostro tempo. 

In un periodo in cui il provvisorio e il dilettantismo invadono il mercato, mortificando l’arte e relegandola in confini sempre più ristretti, fa veramente bene all’anima e al corpo trovarsi dinanzi ad opere di Milluzzo, un artista che pur avendo preferito radicarsi ancor più nella sua terra di Sicilia, è rimasto sempre attento ai movimenti e alle correnti artistiche sviluppatisi in Italia e fuori, facendoli oggetto di ricerca e di acquisizione tutte proprie, pervenendo così a risultati sorprendenti ed originali. 

Figura di artista poliedrica, sia che plasmi la materia o abbozzi un disegno, sia che crei una scenografia o lavori la ceramica, ti accorgi che viene trasportato dal fuoco creativo avvincente e seducente al tempo stesso. E l’arte si fa vita, movimento e anche staticità pensosa e riflessiva come chi, proiettato in un progresso zeppo di interrogativi, si fermi un momento a considerare se stesso e gli altri. 

L’arte di Milluzzo ha proprio il dono di trasportarci e farsi seguire anche là dove i tentativi sembrano senza sbocco, perché c’è in essa sempre qualcosa che ci colpisce e. a volte, disorienta. Vuol dire che non ci troviamo dinanzi al solito imbrattatele che niente ha da dire, bensì ad un uomo prima che ad un maestro che utilizza il mestiere per elevare culturalmente il suo simile e riscattare certi valori che sono in lui, messi nel dimenticatoio e mortificati. Guarda un po’ le immagini o gli arlecchini, su cui ama il Nostro ritornare – basta considerare la sua produzione sin dai primi lavori per rendertene conto – per notare questo aspetto che ritengo fondamentale: traspare in essi un senso di innocenza che sembra smarrita, disorientata. È il timore di perderla che li lascia assorti e meditativi. 

I colori concorrono a partecipare questi sentimenti. Ora sono chiaroscuri, ora accesi quasi a trasmettere il fuoco che anima l’arte del siciliano Milluzzo. Una sicilianità questa, che non è un chiudersi entro i parametri ben definiti dell’Isola (Migneco, Giambecchina, per citarne alcuni), ma il rispecchiarsi della solarità mediterranea (Fiori, Paesaggio, Albero e case, la più recente Composizione), del colore represso e cristallizzato della sua terra lavica che viene irradiato a più ampi orizzonti. Volto di donna, coi capelli sciolti al vento, nei colori accesi quasi di un rosso-porpora, negli occhi così espressivi che fermano, vuoi o no, l’ammiratore, è la Penelope che richiama l’eroe, il quale, fermo nel suo sentire mediterraneo, pur attaccato alla donna, che è poi il carattere espansivo, aperto, sensitivo, caldo degli uomini di questo lembo di terra, coglie il richiamo che viene da lontano e lo asseconda. 

La ricerca di Milluzzo è come quella dell’ape: ha succhiato i fiori più belli per dare in dono la sua arte personalissima. Cézanne, Picasso, Modigliani, gli espressionisti, tutti gli suggeriscono qualcosa e tutti hanno qualcosa da dirgli per affinare ancora di più le sue tecniche e raggiungere una espressività che non è solo slancio verso la perfezione, ma bisogno insito di nuove conquiste. Quel richiamo di Ulisse che viene da lontano, insomma, e che lo spinge lontano. 

Nessuno nella ricerca artistica è un isolato, e tanto meno Milluzzo. E questo a dissentire quanti lo considerano tale. L’arte, la vera arte, quando è tale, che è anche vera poesia, non isola alcuno. Che Milluzzo abbia preferito rimanere tra la sua gente abbarbicata alle falde dell’Etna, non vuol dire niente, come niente vuol dire l’essersi allontanato dai fragori passeggeri e momentanei, a cui ricorre la gente qualunque per godere uno sprazzo di notorietà. La vera arte rifugge la notorietà spicciola per acquisire quella vera nel tempo e col tempo. L’essersi tenuto sempre aggiornato dei risvolti artistici più avanzati, vuol dire che non si è fatta sfuggire occasione alcuna per confrontarsi con altre esperienze e non si è chiuso in un ambiente che, diversamente, per quanto bello possa essere, a lungo andare, risulterebbe asfittico e improduttivo. Milluzzo ha scelto l’Isola per salvaguardare la sua arte. E non vi trovi altro regionalismo, se non il mondo o – se vuoi – le regioni del mondo, che cambiano nel loro aspetto paesaggistico, ma per il cuore rimangono tutte uguali. 

L’arte di Sebastiano Milluzzo nobilita prima di ogni cosa il sentire dell’uomo. L’espressività non è ricerca di un motivo come timbro della sua pittura, dei suoi disegni, della sua scultura; essa è. spontanea, così come spontaneo è ogni sussulto dell’animo. È qui che riesce bene Milluzzo, qui riesce grande la sua arte. Poi ci sono i colori. la cadenza delle linee, l’armonia propria di quest’arte. La Cucitrice, più che cucire. pensa; pensa con la grazia di una donna che nel lavoro affronta anche i suoi crucci e le sue ansie, siano essi di innamorata o di madre amorosa. Osserva poi le linee, i loro allungamenti. l’armonia che è nei colori. La lezione di Modigliani esce più ingentilita, quasi aerea, come la mano leggera che si posa sullo strumento del suo lavoro. 

Noi non ci stancheremo mai di ammirare Marisa: è la dolcezza personificata, la Beatrice che eleva il corpo e l’anima per attaccarli ancor di più a questa terra, alla nostra esistenza e farcela amare. Qui Milluzzo raggiunge le sfere più alte della poesia. Il bianco acquista grazia dal candore del volto, fermando così sulla tela una luce che inebria e distende. 

E questa luce emerge anche nella scultura. Si osservi un ritratto in rame o un nudo in bronzo. ad esempio. La materia, levigata e plasmata come cera, docilmente ubbidisce alle mani dell’artista che esprime la sua sensibilità di uomo e di poeta. Quei volti così pensosi, presi come sono dal travaglio esistenziale, parlano direttamente al cuore, e le linee magistralmente tirate, che sembrano abbozzate alla meglio, esprimono una drammaticità sofferta grazie alla tavolozza di Milluzzo, un artista che mirabilmente scandaglia gli angoli più reconditi dell’umana sensibilità. 

Ugo Carruba 

Da “Spiragli”, anno I, n.4, 1989, pagg. 44-46.

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Di Ugo Carruba 55 Articoli
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