CI DOMANDANO SPESSO

Ci domandano spesso
cosa vogliamo per le nostre valli.

Non vogliamo
i fiumi si disperdano nel mare,
le montagne aride si erodano
allagandoci ad ogni piovasco.
Non vogliamo
case insicure, senza respiro,
scuole-galere in mura decrepite,
fontane con quattro pisciatelle,
qualche pianta in museo, nel giardino pubblico
per la domenica. 

Non vogliamo
stare inerti, o non valorizzati,
o andare a venderci spersi altrove
(senza conprendere a chi ci si vende
e a quale prezzo),
sprecare vite in traffici fessi
seppure con macchine elettroniche,
farci fessi sorbendo reclame.

Vogliamo
valorizzando il nostro impegno
vallate perennemente verdi,
foreste ombrose crescere dai monti
sui vasti laghi dalle nuove dighe
mentre il mare rimane ancora mare
e sulle spiagge luccica la sabbia.
Case nel verde
respirino cielo pulito.
Per New Jork e Milano è troppo tardi.
Vogliamo una nuova città
dove la gente impari a farsi i piani –
come persuade a ciascuno:
dove si possa parlare e intenderci
sviluppando la nostra cultura
con la gente più saggia
e coraggiosa al mondo, vivi e morti.
Acqua democratica vogliamo
– e come l’acqua ogni fonte di vita –
non di mafia diretta dalla gente
organizzata in nuove iniziative,
consorzi non fascisti
cooperative e sindacati aperti:
affrontando conflitti necessari
come gente cosciente, non da fiere.
Vogliamo materiale da museo
i mafiosi e i residui parassiti,
memorie antiche di un tempo incredi – bile. 

Danilo Dolci

Da “Spiragli”, anno XXIII, n.1, 2011, pag. 42.

 

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