ANTONIO LICARI, Giovani di 300 anni fa e d’oggi, Club Unesco, Marsala, 2007.

Le distanze tra i giovani e gli adulti, come quelle tra padri e figli, sono state sempre incolmabili e così sarà, fin quando non prevarrà la piena consapevolezza di agire nel rispetto dell’uomo, sia pure un giovane. Il prepotere che gli adulti esercitano sui giovani, il servirsene per i propri esclusivi interessi, senza considerare bisogni né esigenze altrui, l’escluderli, senza peraltro rinunciare al loro sfruttamento, il decidere su ciò che riguarda loro spesso senza consultarli, sono motivi di continui attriti e di astio senza fine. 

Il saggio di Antonio Licari, medico, interessato ai problemi dell’adolescenza e scrittore, attivo e impegnato nella ricerca, mette a confronto i giovani di 300 anni fa che, magari, abitavano la splendida e ricca Mozia e quelli di oggi, facendoci notare come i giovani soffrano e come, anche nel silenzio, rinchiudendosi in sé, rigettino le decisioni degli adulti prese senza averli consultati, arroganti e spesso prepotenti. 

«La presa di coscienza che l’adolescente è una persona a tutti gli effetti», scrive A. Licari, «con peculiarità specifiche, può aiutare la nostra società ad evitare conflitti fra giovani e adulti (ne parlava già Platone), a ridurre le morti di tanti giovani d’oggi che, come al tempo dei Fenici, per una sorta di analogia psicodinamica, vengono sacrificati sull’altare di Moloch.» 

L’analisi condotta da Antonio Licari è corredata da pezze d’appoggio di carattere 

storico e scientifico convincenti. Ci riferiamo alla proiezione guidata dei simboli e ai casi clinici riportati: sia nella prima ricerca effettuata tra gli studenti di un liceo che nei casi clinici, i cui attori sono giovani, emerge il bisogno di dare un senso alla esistenza che non sia condizionato dagli altri, il volere operare veramente in un mondo libero da prevaricazioni in cui giochino un ruolo primario i sentimenti, al di là degli interessi che alzano steccati e tendono ad emarginare e a sottomettere. 

I giovani cercano certezze e fiducia per cooperare e realizzarsi, in poche parole, vogliono essere considerati alla pari e avere uno spazio per potere gestire al meglio la loro vita. «Essi cercano», scrive a conclusione Licari, «comprensione, affetto, speranza; verità rispetto all’ignoto, bellezza di fronte al degrado, libertà di fronte alla schiavitù, in un periodo della vita in cui si rivelano il mistero dell’esistenza e la caducità.» 

Un discorso convincente che è auspicabile arrivi ai giovani e agli adulti, perché se ne facciano carico e da ambo le parti con responsabilità si adoperino per un mondo più giusto e più buono, dove ogni individuo possa realizzarsi e dire in libertà e nella pienezza di sé sì alla vita. 

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pagg. 59-60.

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Pseudonimo di Salvatore Vecchio

2 Commenti

  1. Grazie Salvatore Vecchio “Ugo Carruba” per la tua recensione. L’amicizia disinteressata che ci lega da anni mi fa apprezzare ancor di più le tue parole. Esse giungono da una persona prima di tutto di grande umanità altre che di un non comune spessore culturale. Approfitto dell’occasione fornitami per complimentarmi con Te e tutta la Redazione della rivista Spiragli ed augurarvi un profondo e sentito “ad maiora”. Ciao a tutti Voi. Antonio Licari.

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