Padre G. Raimondi, Le nozze folli del giullare S. Francesco d’Assisi, ed. Krinon, 1991. 

 “Il Signore mi ha detto di volere che io intraprendessi una follia nuova nel mondo. Non ha voluto condurmi per altra via che questa”. Sono le parole che S. Francesco d’Assisi esclama ai frati, seguaci della sua regola, in un capitolo in cui si discute se essi debbano essere addrottinati. Dinanzi a taluni che si fanno sostenitori del valore della sapienza e della dottrina, Francesco ribadisce energicamente che la salvezza del cristiano può venire soltanto dalla “nuova follia”, la follia di chi, come lui, ha scelto di porsi al servizio della povertà evangelica. Di Francesco e della sua follia ci dà un ritratto, storico e al tempo stesso sovrumano, Padre Giuseppe Raimondi nella sua biografia del Santo, uscita per le edizioni Krinon. 

È un ritratto storico, perché viene puntualmente fornito un quadro minuto e realistico della società comunale entro cui si compì la predicazione del Santo: le rivalità tra Assisi, sua città natale e Perugia, le lotte, anche sanguinose, tra nobili e popolani, tra nobili e nobili, un mondo di violenze e di sopraffazioni, su cui Francesco fece valere la sua opera di pacificazione e di concordia. Ma è sopratutto un ritratto sovrannaturale, perché animato dalla visione tutta interiore che Francesco ebbe di Dio: nel momento in cui scelse, nella piazza principale di Assisi, alla presenza del vescovo, di rinunziare alle ricchezze del padre e di darsi interamente nudo nel corpo e nell’animo a Cristo, si avviò, ma, forse sarebbe meglio dire, si proseguì una comunicazione unica e irripetibile col Signore. 

Una metafora viva e reale accompagna il racconto, che a volte raggiunge toni leggendari, gli stessi toni dei primi testimoni del Santo: è la metafora delle nozze con Madonna Povertà, la decisione, cioè, di seguire fedelmente e integralmente il messaggio del Vangelo. Ed è una povertà vissuta non come rinuncia e disprezzo delle cose, ma accolta con gioia e semplicità. 

In un’atmosfera, che in certi momenti, può risultare idealizzata, a tal punto da richiamare la letteratura cortese o cavalleresca, si realizza la vicenda del giullare di Dio, che con animo lieto ne canta le lodi e la grandezza. Una vita, quindi, che ha quasi “l’andatura di un romanzo” come scrive l’autore nella prefazione, a rischio di sembrare un “sorpassato” rispetto alla critica storica più accreditata. 

Vito Parisi

Da “Spiragli”, anno III, n.3, 1991, pag. 76.

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