Terzo Mondo e oltre.  Intervista a Carmelo Strano.

 Dopo la grande e ben riuscita mostra dei Figurini ritrovati di Sironi, Marsala, ad un anno di distanza, lancia un’altra sfida artistico-culturale al mondo intero e si fa portatrice di un messaggio che, a ben pensarci, potrebbe risolvere tanti mali delle società post-moderne. 

Ma se proprio a Marsala questo e altro, in campo artistico, si è fatto, il merito è – e va detto, perché bisogna riconoscerlo – dell’Ente Mostra di Pittura “Città di Marsala” che, grazie alla lungimiranza del suo presidente, dotto Francesco Perrone, e ad un Consiglio di amministrazione efficiente e sensibile non solo al problema dell’arte in sé, ma a quello che essa ha rappresentato per l’uomo di ogni tempo, si è rivelato un punto di richiamo fermo per gli artisti e un centro propulsore di arte di levatura internazionale. Basti dire che nell’arco di un trentennio ha dato vita ad una pinacoteca d’arte contemporanea tra le più ricche e certamente una delle più belle d’Italia. 

La mostra di quest’anno ha per titolo: «Terzo Mondo e oltre» e, a prima vista, potrebbe sembrare ambiziosa, ma non lo è, per il messaggio, di cui accennavamo, che se non ha niente di particolare, ha il pregio di scuotere sensibilmente la nostra suscettibilità di uomini del Duemila. 

I repentini capovolgimenti politico-sociali dei Paesi dell’Est. la crisi esistenziale della vecchia Europa che non vive di altro se non di uno sfrenato edonistico consumismo, l’esodo da un continente ad un altro di gente in cerca di migliori condizioni di vita, lasciano pensare a imprevedibili risvolti che negli anni a venire potrebbero mettere in forse l’esistenza stessa del nostro pianeta. 

L’uomo dei Paesi ricchi sa bene questo, e molto potrebbe fare per scongiurare ciò, se alla sua oculata esperienza di millenni abbinasse quella di altri popoli più giovani – nessuno escluso – meno assodata, ma non per questo meno interessante. Nei Paesi emarginati, del Terzo Mondo, si vive in modo genuino, spiritualmente meglio di quanto si pensi, e si sente la natura con i rumori, i palpiti, i colori che il mondo industrializzato ormai disconosce. Proprio dai Paesi poveri ci giunge questo messaggio che non è retorico – come spesso siamo abituati a sentire («ritorno all’Umanesimo», «Nuovo Umanesimo»), e poi si specula anche in questo – , ma insegnamento di vita, comportamento degno dell’essere uomini. 

La mostra di Marsala ha una grande importanza che non è soltanto artistica, perché l’arte è un mezzo e non il fine; l’obiettivo che si prefigge è additare la strada del vero recupero culturale e riportare, così facendo, l’uomo alle sue radici, alla terra, di cui non può fare a meno, perché ad essa porta il suo cordone ombelicale. L’evento artistico acquista, allora, una valenza altamente culturale e non ha altri interessi se non quello di riportare alla vita da cui stiamo sempre più allontanandoci. 

I Paesi del Terzo Mondo, da questo punto di vista, hanno molto da insegnare ai Paesi ricchi e, in un periodo di apertura politica e di crollo delle ideologie come il nostro, sono nelle condizioni di farlo, perché, rivitalizzando quanto negli ultimi c’é di buono, pongono un rimedio al vuoto profondo causato dall’assenza di valori fermi e duraturi. 

La semplicità del modo di dire, la genuinità, di cui questi popoli del Terzo Mondo si fanno portatori (il materiale e le tecniche usate dagli artisti che li rappresentano ne sono larga testimonianza), lontane anni luci dal Primo, esercitano un fascino inesprimibile e fanno riflettere. L’umile legno, la semplice pietra, tutto ciò, insomma, che la provvida natura dispensa da sempre agli uomini, sanno in modo mirabile ricondurre a quel senso di umanità che diversamente sembra impossibile recuperare. 

A conforto di queste brevi considerazioni, abbiamo voluto intervistare il curatore della mostra, il prof. Carmelo Strano, che altre volte si è interessato dell’argomento. 

Professore, qual è il movente della mostra? 
«La mostra ha come obiettivo la ricerca artistica dei Paesi del Terzo Mondo. Non ci sono motivi politici, e la molla che ci spinge è prettamente culturale, in quanto vuole, al di là del colore e di ogni condizionamento economico, avvicinare veramente i popoli. La mostra, anzi, ha l’ambizione di andare oltre i limiti geografici del Terzo Mondo, nel senso che vuole anche chiamare in causa Paesi che non sono economicamente del Terzo Mondo,bensì lontani geograficamente da quei Paesi considerati “centri”. Paesi lontani come l’Australia, l’Oceania, la Nuova Zelanda, ad esempio. Terzo Mondo e oltre, quindi! La motivazione è ideologica, non politica. La mostra tende a creare un’osmosi fra tutti i Paesi del mondo». 

Quali messaggi e quali insegnamenti potranno venirci da artisti del Terzo Mondo? Quali sono i vantaggi per la cultura e l’arte? 
«Tantissimi. E sono proprio questi possibili vantaggi che in un certo senso hanno fatto nascere !’idea della mostra. Una volta che sono caduti i grandi blocchi, l’umanità cammina su processi comunicativi sempre più aperti al dialogo, indipendentemente dalla condizione economico-geografica. I Paesi ricchi, presi come sono dall’industrializzazione e dai processi produttivi, hanno messo da parte la natura. Ecco, dal Terzo Mondo può arrivare questo contributo di rivitalizzazione, che innanzitutto dovrà ripristinare il rapporto tra natura e cultura, uno scambio che avvantaggerà molto l’arte, la quale ritornerà ad essere genuina espressione dell’umàna sensibilità. Sicché l’arte e la natura tenderanno a valorizzare l’uomo e si faranno portatrici di nuovi valori che niente hanno di effimero e di passeggero». 

In un suo articolo sulla rivista «D’Ars», Lei parla della fine della divisione del mondo culturale tra centro e periferia. Marsala e la Sicilia con la mostra che Lei sta preparando, per conto dell’Ente Mostra, restano periferie oppure, sia pure per un momento, assurgono al ruolo di centro di cultura mondiale? 
«Il cosiddetto centro languisce in un circuito microelettrico senza via d’uscita, perché ha perso quello slancio da cui veniva caratterizzato. Marsala ha avuto sempre l’ambizione di farsi indicare come porta del Mediterraneo. D’altronde, dai tempi più remoti, ha avuto rapporti economico-culturali, di scambio, con civiltà molto evolute. Adesso, vuole riprendersi questo ruolo e, dal momento che abbiamo coinvolto ambasciate, artisti, giornali, televisioni, Marsala si pone come simbolo al mondo intero, anche per l’attenzione che sta suscitando nei vari ambienti, da quelli politici a quelli artistico-culturali. Può sembrare un paradosso, ma non lo è; Marsala, o la Sicilia, di cui Marsala è simbolo, comunemente considerata periferia, in realtà è centro. Non commercialmente, intendiamoci, perché Parigi, Milano, Londra, o New York, ad esempio, detengono sempre l’egemonia in fatto di denaro. Ma fa cambiare aspetto il problema culturale. La periferia ha dimostrato di avere più sensibilità, più apertura; è più dinamica ed è portatrice di nuove idee». A dir la verità, queste ultime frasi del professor Strano ci fanno piacere. Abituati come siamo ad essere tacciati di provincialismo, a questo punto, vorremmo che provinciali lo fossimo veramente, anche se temo che i mass-media abbiano fatto opera di omogeneizzazione tale da far perdere la spontaneità e la genuinità proprie della gente che vive lontano dalle grandi città. Comunque, fondamentalmente vero è che la città è amorfa e che manca di calore umano. Non così è nei piccoli centri di periferia, dove la gente si conosce e si stima non per l’utile che se ne può ricavare, ma per il rapporto di amicizia che si è con essa instaurato. La spinta di vitalità che viene dal Terzo Mondo deve indurre i Paesi occidentali ad accettare il confronto, se vogliono recuperare la loro umanità. La mostra di Marsala vuole segnare il punto di inizio di questa apertura alla disponibilità, indispensabile per costruire le basi di un mondo migliore dove l’uomo, abolita ogni differenziazione culturale e in sintonia con l’ambiente che lo circonda, coopererà con gli altri, vivendo degnamente la sua vita. 

Salvatore Vecchio

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 42.

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