Teresa Ordinas Montojo, Avelino Hernández (Desde Soria al mar), León 2021.Una vita in due

         Il libro è una biografia, scritta da Teresa, vedova del grande scrittore e poeta Avelino Hernández, in cui, pur con i problemi e i continui ostacoli da superare attraverso i ricordi, ricostruisce la vita di coppia dedicata alla letteratura e all’arte. Costituito da 15 capitoli, da un epilogo, un’appendice che riporta pensieri e annotazioni dello stesso Avelino, è corredato dalla sua abbastanza ricca bibliografia.

      Un libro ben partecipato, come se fosse stato scritto in compresenza con l’uomo e lo scrittore. Scrive Teresa nella “Premessa”: «Decididamente, voy, a estar con él mientras escribo estas paginas. O mejor dicho: es él el que acaba de sentarse a mi lado…» (p. 12). E, in effetti, sarebbe stato difficile per lei scrivere senza il suo coinvolgimento, avendo avuto gli stessi interessi ed essendo stati insieme per tanti decenni.

           Il primo capitolo si snoda come se tutto contribuisse a vivere serenamente in mezzo alla natura incontaminata di Selva, un paesino dell’interno di Palma di Maiorca, lasciate nel 1996 le rumorose città cosmopolite di Madrid, Barcellona e altre ancora, per scrivere, leggere e darsi agli hobby che, per Avelino, erano la vita, come era solito dire. «Scrivere è come respirare, amare, mangiare, conversare, leggere […], lo scrivere è come un qualcosa di contingente e piacevole; in funzione del giorno, in funzione del momento» (p. 201).

        Questo capitolo è anche l’inizio della fine, perché, quando meno lo si aspetta, il male si può insinuare nella vita di ciascuno e creare squilibri e negatività da non augurare a nessuno. Ad Avelino, nel bel mezzo della sua creatività e del successo, nel 2001 fu diagnosticato un cancro. Ma non fu lo spauracchio a far cessare di vivere anzitempo lo scrittore; egli continuò come se nulla fosse e da persona sana, pur nella consapevolezza del male che si portava dentro. L’Autrice, compartecipe, descrive quei momenti che fecero reagire la coppia. Adottando il motto: «Un giorno migliore dell’altro», essa passò la notizia ai parenti e agli amici più cari e poi si ritirò nella casa di El Tremedal, presso Ávola, dove trascorse un lungo periodo, per poi fare ritorno a Palma. «Non so – scrive Teresa – come fummo capaci di mantenere una esistenza così piena», nonostante l’essere consapevoli dell’irreversibilità del male che portò Avelino alla morte il 22 luglio del 2003.

           La fine di ogni capitolo è chiusa da un commento o un particolare ricordo di amici e scrittori che vollero rendere omaggio con uno scritto all’amico, come quello di Gustavo Catalán, che lo ricorda come militante (pronto alla difesa dei diritti e dei diseredati), e scrittore, avendolo avuto da medico oncologo amico e paziente.

         Il primo capitolo, a parte la “Premessa”, fa da introduzione a tutto il contesto della vita in due, fatta di incontri, viaggi, studio, confronti, a contatto con la natura o con amici aventi gli stessi interessi e con i quali la coppia affrontava argomenti politici e letterari, organizzava feste che spesso finivano con letture di prose e poesie di Avelino e degli autori presenti: una vita fatta di collaborazione reciproca. Avelino spesso esponeva e sentiva il parere di Teresa; lei, a sua volta, fotografa oltre che scrittrice, gli mostrava le prime delle foto scattate nei luoghi visitati e ne ascoltava i pareri. Scrive a p. 18: «Non ci pensava due volte a censurare un’immagine che non le piaceva; però, quando voleva farmi un elogio, argomentava piacevolmente (era così quasi sempre)».

          I capitoli a seguire sono molto interessanti, perché fanno rivivere gli anni oscuri della dittatura e delle rivolte antifranchiste con la fattiva partecipazione di Avelino e Teresa, l’uno, organizzatore ed esponente di primo piano della ORT (Organizzazione Rivoluzionaria dei Lavoratori), l’altra, staffetta e propagandista. L’autrice non manca a questo punto di ricordare l’incontro, tramite suo fratello, con Avelino che era stato “confinato”.

        «Così si presentò, davanti la porta di casa, questo compagno di mio fratello che era stato detenuto a Cartagena. Alto, magro, né tanto meno elegante; ma di una cordialità che ispirò confidenza fin dal primo momento[…]. Narrava storie senza fermarsi. E allora la sua cultura, la sua attitudine, il suo impegno, la sua maniera di pensare acquisivano uno straordinario magnetismo. Era quanto osservavo nel suo espressivo modo di guardare, nelle sue mani vigorose e nel suo sincero sorriso» (p. 29).

        Chi vuole approfondire la personalità e l’opera di questo scrittore, legga Avelino Hernández (Desde Soria al mar). Avelino era e rimane un vulcano in attività. La sua opera, ricca di accadimenti, invita alla riflessione dinanzi alla scorrere della vita, ad amare il prossimo e ad osservare con molta dedizione la natura, la bellezza che è in essa, e ciò che ci dà. Senza andare lontano, basta leggere il bellissimo Una casa en la orilla de un río per farsene un’idea. Il racconto, pieno di luce e di colore, avvince il lettore che, più che leggere, ascolta una voce amica ed è portato a gustare il bello che è in noi.

        L’attività di Avelino (è quanto nel cap. X Teresa evidenza, perché lui difficilmente parlava del suo operato) non si limitò alle letture dei classici e dei moderni e alla scrittura, egli portò avanti un progetto interculturale del Ministero della Cultura per sensibilizzare alla lettura scolari ed adulti, un modo come un altro per aiutarli a crescere culturalmente e socialmente; ma fu coinvolto anche in un altro progetto (“L’avventura di scrivere un libro”), diretto a docenti e alunni, cosa che portò avanti sempre con entusiasmo. Credeva nel riscatto sociale della gente e, perciò, si dava anima e corpo per una buona riuscita di questi progetti che alla fine risultavano seguiti e ottenevano buoni risultati. C’era l’esigenza di fare uscire la Spagna dai condizionamenti franchisti che aveva subìto per anni e questo spingeva governo ed intellettuali a ricostruire un tessuto sociale più aperto e padrone di sé.

        Avelino fu un banditore della parola, “la palabra”, sia orale che scritta, che per lui era la vita, un legame profondo, inseparabile, con cui scandagliava l’umana esistenza, come in Los Hijos de Jonás, dove mette in risalto l’uomo, il suo operato e il destino a cui è indissolubilmente legato.

       Teresa, con questo suo libro, si abbandona – lo ricordiamo ancora – ai ricordi che sono una valvola di sfogo e al tempo stesso un legame tra passato e presente che, da un lato, attenua la mancanza, dall’altro, le dà forza e reagisce, sentendo vivi gli affetti più cari.

       Avelino, scrittore e amico (Antonino Contiliano ed io non dimenticheremo mai i giorni belli passati insieme, sia a Palma di Maiorca che a Marsala e in altre parti della Sicilia), rimane nel cuore di quanti lo conobbero e dei lettori, perché i suoi libri non soltanto aprono a nuovi orizzonti, ma iniziano ad un piacevole e fruttuoso colloquio con il loro autore che si rivela un vero amico e maestro.

       Ringrazio l’autrice per avermi dato l’opportunità di ricordare un grande scrittore e poeta, Avelino, che vive ed è ancora con noi.

                                                                                           Salvatore Vecchio

da “Spiragli”, Nuova Serie – Anno IV 2023 NN. 1-2, pagg. 66-67.

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